Il secondo posto in classifica è occupato dal Napoli, che ha investito 429,2 milioni di euro in soli 30 movimenti, mostrando una politica di mercato diametralmente opposta rispetto a chi ha preferito fare molti cambi. Il club partenopeo ha puntato su pochi acquisti, ma estremamente mirati, scegliendo profili funzionali al progetto tattico e con un grande margine di crescita. Uno degli esempi più emblematici è rappresentato dall’arrivo di Khvicha Kvaratskhelia, pagato meno di 15 milioni e poi diventato un fuoriclasse internazionale, oppure Victor Osimhen, acquistato per una cifra importante ma rivelatosi decisivo per la conquista dello Scudetto nel 2022/23, il primo dopo 33 anni. Anche altri innesti come Kim Min-jae, Lobotka e Anguissa si sono rivelati fondamentali, non solo per la qualità, ma anche per l’equilibrio che hanno dato alla squadra. Per poi arrivare ai McTominay, Neres e Buongiorno. Il merito di questi risultati va attribuito non solo allo scouting e alla dirigenza, ma anche alla chiarezza di progetto. Con un organico ben costruito, il Napoli è riuscito a vincere due Scudetti e a ottenere grandi plusvalenze da alcune cessioni eccellenti. Il tutto con una gestione economica sostenibile. Il caso Napoli è oggi un modello europeo di gestione sportiva, dove la qualità ha prevalso sulla quantità e dove una visione a lungo termine ha permesso di ottenere successi concreti. In un contesto in cui molte big italiane fanno fatica a trovare equilibrio tra investimenti e risultati, il Napoli dimostra che si può vincere anche senza essere i primi in classifica per spesa.
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Chi ha investito bene e chi ha solo speso: la classifica che ribalta ogni pronostico

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