rassegna

Napoli senza armonia: dal gioco all’anima. Non c’è nulla

Alessandro Silvano Davidde

Il Napoli cade. Rovinosamente. Negli occhi lucidi della gente che non ne può più, perché questa squadra è forte ma non sa più giocare a calcio. E’ inspiegabile. Le forze non ci sono più, il pensiero è diventato faticoso e si fugge...

Il Napoli cade. Rovinosamente. Negli occhi lucidi della gente che non ne può più, perché questa squadra è forte ma non sa più giocare a calcio. E' inspiegabile. Le forze non ci sono più, il pensiero è diventato faticoso e si fugge dallo stadio o dalla televisione. Il Napoli è diventato pena, angoscia e insoddisfazione allo stato puro. Il Corriere dello Sport ha analizzato così questo momento.

Da Ancelotti a Gattuso: la musica non cambia

C’è chi colleziona francobolli e chi penne stilografiche. Chi monete e chi fumetti. Il Napoli da poco ha cominciato con le bambole. Ancelotti pur affermando il contrario ne ha pettinate tante, anche se prima d’andar via non ha avuto il tempo di spiegare quale fosse la sua preferita: Camilla o Bebi Mia? Mah. Il dubbio resta, anche se chignon e carrè alla Louise Brooks restano comunque poca cosa rispetto agli altri riccioluti e scompigliati dubbi che don Carlo s’è lasciato alle spalle quando, rimesse in valigia spazzole e bigodini, è salito sul primo aereo utile per il Regno Unito e se n’è andato.  

Ora c’è don Gennarino, il quale prima ancora di capire che razza di squadra abbia veramente per le mani, pure lui ha pubblicamente dichiarato che il proprio futuro lo vede più da coach che da hair stylist.

Le colpe

Prima del gioco, della velocità, del rispetto delle posizioni in campo. Il Napoli deve ritrovare quello spirito di gruppo che è alla base della forza e dei successi d’ogni squadra. Invece, da troppo tempo a questa parte, quello spirito il Napoli l’ha perso. Colpa dei fragili rapporti con l’allenatore precedente, e di quelli ancora non consolidati con il nuovo, certo, ma anche di una campagna acquisti estiva scombinata, di rinnovi di contratti troppo a lungo congelati, di addii annunciati, di una ruvida comunicazione, di diffusi malumori e di rivolte e multe, oltre che di tanti errori pure in campo, è ovvio. Colpa, insomma, d’un ambiente depresso, avvelenato e ancora a pezzi.