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editoriali

Ora la stagione è di Spalletti: finalmente ha conosciuto tutti i limiti del Napoli

Mattia Fele

Il Napoli esce sconfitto contro una squadra inferiore, in casa e senza segnare. Prende un palo e una traversa, gli viene annullato un gol e gli si infortuna il giocatore più in forma. Pure la trama di Beautiful è meno prevedibile: tutto già visto

Che non si ricominci con la tiritera dell'Empoli grande outsider, di Andreazzoli neo-guardiolista, di Luperto che perché non lo abbiamo tenuto? La realtà è un lago limpido, non una pozzanghera di Via Marina: il Napoli ha giocato male ed ha perso. Contro una squadra inferiore, che ha una (bella) identità ma che non ha minimamente la forza espressiva quanto a valori, ricerca e balistica che ha la squadra di Spalletti. Sì, pure senza Anguissa, Osimhen, Koulibaly, Insigne (entrato: male ndr), Fabian Ruiz, Lobotka, Zielinski e Spalletti stesso a bordocampo. Poi tutto è opinabile: posizioni, analisi, persino la tecnica. I numeri non lo sono. Il 29 novembre era lunedì e a Napoli si sentivano i bollori di una fuga solitaria: +3 sul Milan e +4 sull'Inter di Inzaghi, il cui passo incalzante s'intravedeva solo in nuce. Poi due sconfitte ed un pareggio, per l'Inter tre vittorie. Da +4 a -4. Preoccupiamoci ma non troppo. Ma preoccupiamoci.

Tutto è comunicazione

Anche all'inizio della scorsa stagione - ma succede da anni - il Napoli era stato votato dai più come squadra dall'organico adatto a grossi traguardi. Giudizi affrettati di chi vuole solo muovere un sistema di opinionismo incessante, stancante e banale. Tre vittorie e si sale sul podio, due sconfitte e viene messo in discussione anche il magazziniere, poi quello che tira le righe dell'area di rigore e infine il produttore dei parastinchi di ogni singolo cristiano. Come scrivemmo qui, il punto non è (quasi) mai la sconfitta: tutto è comunicazione perché la sostanza che c'è dietro oggi non è più tanto importante quanto l'idea, l'aura che intorno si vuol costruire. Così fanno da anni col Napoli, di Ancelotti, Gattuso o Spalletti che sia. Ed è vero, Spalletti è un gran tecnico e la sua figura sembra aderire per bene all'ambiente azzurro e alla squadra che ha raccolto. Ciò non significa però che la rosa - tra l'altro senza 6 titolari - possa essere dominante in ogni partita, possa superare ogni episodio e possa giocare ogni tre giorni al massimo dei propri livelli senza uscire malconcia o quanto meno col fiatone. Lo avrà capito anche il tecnico stesso.

Allora il primo tempo dell'Empoli non è una lezione di calcio, ma il risultato ovvio di uno squilibrio a favore di chi - per caratteristiche dei giocatori in campo - era più in grado di tenere palla e far girare a vuoto gli avversari. Di contro nel Napoli poca aggressività, tante giocate individuali. Meno collettivo. D'altronde il collettivo non è questo. Mai Spalletti o chiunque altro si sognerebbe di giocare con un centrocampo fatto di Demme e di Elmas, con in campo anche Ounas, Mertens, Insigne e Lozano. Significa accettare costantemente buchi di coperture e scalate, oltre che annullare ogni possibilità di calcio a due tocchi. Oppure chiedere a questi giocatori cose che non sanno fare. Che scoperta: se si perde ci sono anche motivi tattici!

Che poi il gol di Cutrone sia da Takeshi's Castle o da Top Five Horror, che il calcio è strano Beppe possiamo anche essere d'accordo. Ma - ancora - non è questo il senso. Dal Verona (e anche di questo avevamo parlato) il Napoli ha perso contro l'Inter, l'Atalanta e l'Empoli, pareggiando col Sassuolo e vincendo una grande partita d'orgoglio contro una Lazio inguardabile dal punto di vista posizionale. Prima del Verona c'era stata difficoltà contro Salernitana e Torino, contro il Genoa di Ballardini, contro lo stesso Venezia nella prima giornata. Lì c'erano tutti.

Tutto sommato sembra che la ruota giri e che questa classifica sia lo specchio di ciò che il Napoli è per questo campionato: una squadra che può competere per i primi tre posti, può arrivare quarta ma anche quinta (se ci fosse la Juventus, se ci fossero Roma e Lazio staremmo forse parlando di altro) ma anche settima. È una squadra che ha bisogno di entusiasmarsi e di andare al massimo, di avere i propri titolari nell'undici iniziale così che i rincalzi facciano nel subentrare ciò che sanno fare i rincalzi. Determinare a piccole dosi. È una squadra che fa fatica a reggere ritmi alti continuativi e ha delle amnesie difensive che a volte vengono semplicemente graziate dagli attaccanti avversari. Altre volte ovviamente no. Sta di fatto che è questo il momento in cui Spalletti inizierà a fare la differenza, lavorando sui veri limiti atavici di una squadra che da troppo tempo si smarrisce.

Nessuno sta in piedi

Ad ogni modo va detto all'infinito che anche perdere va bene. La grande difficoltà dell'ambiente è proprio mantenere l'equilibrio: nessuno sta in piedi perché in troppi siamo sul carro quando Mertens segna doppietta in 6', in troppi scendiamo se Mario Rui sbaglia tre cross di fila. C'è solo ammucchiata e nessuno trova un posto proprio o fa pace con se stesso. L'anno scorso il girone di andata è stato chiuso a 34 punti, ora se ne possono fare 42. Se così non sarà, ci sarà comunque modo di rifarsi nella seconda parte. Nel frattempo, lì sull'Olimpo sembra che l'Inter voglia trasformarsi nella schiacciasassi che tutti dicono che non c'è - forse lo dicono solo per non far cambiare canale della trasmissione. L'impressione però è che Inzaghi abbia creato una macchina che in questo momento non si fermerà, arrivando - con questa proiezione - a 46 punti in 19 partite. Due punti in meno di quel Napoli di Sarri dei 91 punti finali, che chiuse la prima metà con 48. Il Milan ha più incertezze, l'Atalanta è forte ma è una fiamma che sa pure spegnersi. In questo quadrilatero non si può far passare il Napoli come l'agnello sfigato, o altrimenti asseconderemmo il piagnisteo che già troppo caratterizza la piazza. Talvolta una sconfitta è questione di caso e bisogna solo affrontare la nuova alba con positività, al contempo senza abbassare mai la soglia dell'attenzione. Possiamo per una benedetta volta andare per gradi?

A cura di Mattia Fele 

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