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editoriali

Il Napoli ha perso in casa contro il Sassuolo. Ma non è questo il punto

NAPLES, ITALY - NOVEMBER 01: Kalidou Koulibaly of SSC Napoli vies with Giacomo Raspadori of US Sassuolo during the Serie A match between SSC Napoli and US Sassuolo at Stadio San Paolo on November 01, 2020 in Naples, Italy. (Photo by Francesco Pecoraro/Getty Images)

La splendida dimostrazione tecnico-tattica degli uomini di De Zerbi non è che una normalissima sconfitta che non cambia niente nelle ambizioni del Napoli. Ma l'ambiente della comunicazione è ancora pieno di valutazioni drastiche e premature.

Mattia Fele

Scolorita domenica per gli azzurri di Gattuso, che vanno a spasso per il terreno di gioco rincorrendo un Sassuolo superiore in tutto. Nel corpo e nella mente, in panchina e soprattutto in settimana. Sì, perché De Zerbi – non passi la giustificazione del maggior tempo a disposizione per preparare la gara – ha sbaragliato con il lavoro e le conoscenze la qualità offensiva del grande Napoli da Scudetto, quello del 4-1 all’Atalanta. Ripartiamo da qui.

Il Sassuolo ha battuto il Napoli. Ma non è la nuova Atalanta

NAPLES, ITALY - NOVEMBER 01: Kalidou Koulibaly of SSC Napoli vies with Giacomo Raspadori of US Sassuolo during the Serie A match between SSC Napoli and US Sassuolo at Stadio San Paolo on November 01, 2020 in Naples, Italy. (Photo by Francesco Pecoraro/Getty Images)

È il 17 ottobre quando Ilicic ritrova il campo e Gasperini viene presuntuoso in terra campana tenendo il meglio della sua squadra in panchina. Gattuso lo punisce (quasi come è stato egli stesso punito ieri sera): Osimhen gli devasta le linee, Lozano ci si infila, Mertens le ridisegna. Pubblico virtuale in visibilio, applausi scroscianti piovono da divani e salottini televisivi di tutta Italia, in cui il Napoli viene improvvisamente dipinto come pronto per lo Scudetto. Dopo quattro giornate. Beninteso, non ci sorprende: sono 5 anni o giù di lì che gli azzurri sono da quinto posto fino a settembre. Poi l’incoerenza si prende il trono e il lenzuolo si rovescia.

Tre giorni dopo quella lezione di calcio assistiamo ad una deliziosa sconfitta contro la nona formazione in classifica nelle Eredivisie, campionato in cui al quarto posto spunta l’Heerenveen e al secondo il Vitesse. Ma subito arriva pronto l’alibi di certi: il Colosso Napoli si starà concentrando a vincere il campionato, che importanza ha l’Europa League.

Siamo ancora nel nostro Paese al punto in cui il calcio è sillogismo. Esempio banale: il Napoli ha battuto l’Atalanta. L’Atalanta era arrivata ai Quarti di Champions. Il Napoli supererebbe i Quarti di Champions. Aristotele suderebbe freddo.

Sorvolando pure sul concetto – a dir poco folle – che un gruppo di calciatori appassionati, ben pagati e molto competitivi possano mai scendere in campo contro gli olandesi dell’AZ passeggiando di proposito per tenersi poi pronti per il Benevento, ancora si registra nell’ambiente napoletano una tendenza sostanziale allo squilibrio valutativo. Per dirla con un'espressione perifrastica, di quelle che vanno di moda quando la sostanza è zero e la forma ricopre un vuoto.

Un campionato nazionale di calcio invece è come un anno scolastico. Ogni giorno ti siedi dietro al tuo banchetto di legno e per essere impeccabile devi essere lo stesso del giorno prima e del giorno successivo, devi aver studiato allo stesso modo e ricevere sempre e solo le domande che più ti sono congeniali al fine di esprimere al meglio ciò che hai imparato. In una parola: impossibile.

Nel pallone questi giorni si chiamano giornate e sono influenzate, come a scuola, da molteplici fattori ambientali, umani, fisici, tecnici, umorali, episodici. Una palla che entra o no come una campanella che suona all’ultimo secondo e ti cambia il voto in pagella. Ma noi continuiamo a vedere il calcio come una galassia parallela, e questo non ci darà mai la misura che cerchiamo.

Non è difficile, si tratta di livelli concentrici: in una giocata di un minuto conta la scelta, in una partita contano i valori e le condizioni, in un campionato conta la costanza e quindi l’unione di tutte le scelte, tutti i valori e tutte le condizioni ripetuti nel tempo. Siamo ancora in autunno e nessuna squadra al momento può essere o meno da Scudetto, da Champions, da retrocessione. Tutti i posti sono in bilico e – non lo si dimentichi mai – viviamo un calcio anomalo.

E il Milan è da Scudetto? Risposta: no

E per non essere accusati di fare mera scaramanzia a difesa del Napoli ecco un excursus minuscolo: lo strepitoso inizio stagionale del Milan non rende più forti in assoluto i rossoneri delle altre squadre di Serie A. Se un domani Ibrahimovic restasse a secco per 5 giornate non significherebbe la fine della sua carriera. Se l’Atalanta ha preso 4 goal dal Napoli e ne ha fatti 4 al Midtjylland non per forza vedremo il Napoli andare in Danimarca e segnarne 8. Il calcio non è matematica.

Eppure sistematico è il giudizio affrettato di ogni singola personalità televisiva di spicco, che fino a ieri alle 17.59 declamava quanto Osimhen fosse un attaccante devastante e Bakayoko un acquisto geniale. Ora una brutta sconfitta e il nuovo problema è “il gioco lento”. Un gioco lento osannato per essere stato la chiave contro la Real Sociedad.

Per questo capiamoci: Il Napoli ha perso contro il Sassuolo e perderà altre partite, alcune addirittura non meritando di perdere, ma il Sassuolo non è più forte degli azzurri. Almeno non lo è oggi. Lo sarà stato (sempre relativamente a questa annata) se a fine anno De Zerbi si troverà a guardare Gattuso dall’alto in classifica.

Non è relativismo, è equilibrio. Quello che manca a chi parla oggi di una rosa non all’altezza, la stessa che era da quinto posto ad agosto e da Scudetto il 17 ottobre. Le altalene vanno nei luna park, non in tv: ognuno di noi dovrebbe limitarsi a raccontare ciò che è visibile. Lasciamo le proiezioni agli amanti del cinema. Lasciamo in pace le squadre.

A cura di Mattia Fele 

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