l Napoli usciva da un’annata complessa, segnata dal crollo nel finale della gestione Gattuso e da un’estate piena di incertezze. Spalletti trovò una squadra ferita, svuotata, e la prese per mano restituendole identità, serenità e soprattutto dignità. Chiuse il campionato al terzo posto con 79 punti, centrando l’obiettivo Champions League. Ma oltre ai numeri, fu il modo a fare la differenza: il Napoli tornò a giocare bene, a tratti benissimo, con trame fluide e idee chiare. Certo, mancava ancora qualcosa per il salto definitivo. E gli infortuni, soprattutto sulla corsia mancina – tra Ghoulam e Mario Rui – non aiutarono. Eppure, Spalletti seppe adattarsi. Costruì un Napoli ordinato, lucido, misurato. Un Napoli “educato”, forse troppo per una piazza che si nutre di passione viscerale. Ma era ciò che serviva in quel momento: ritrovare l’equilibrio, mettere via le ferite, ricominciare con ordine.
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