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editoriali

Ritorno sterilizzato

 (Photo by Tobias Hase/Pool via Getty Images)

Sottratti ai nostri germi, eccoci qui. Siamo atterrati nel pianeta del protocollo tedesco che, considerati gli strumenti e le tute per la sanificazione, sembra davvero averci catapultati in una missione spaziale, dove piuttosto che mancare la...

Sabrina Uccello

Sottratti ai nostri germi, eccoci qui. Siamo atterrati nel pianeta del protocollo tedesco che, considerati gli strumenti e le tute per la sanificazione, sembra davvero averci catapultati in una missione spaziale, dove piuttosto che mancare la forza di gravità, è vietato ogni contatto umano.

“La pelota no se mancha”, ha detto una volta il più grande di ogni tempo. Eppure, non era all’igienizzazione del pallone che si riferiva. Il pallone si può e si deve sporcare, e lustrarlo con guanti e gel sembra l’esagerazione di un concetto che non si sposa alla perfezione con uno sport di contatto, che prevede necessariamente che ci si affronti e che il pallone si macchi.

 (Photo by Sascha Schuermann/Pool via Getty Images)

Il calcio che deve tornare

Tuttavia, se il calcio a noi familiare non si può avere, beh forse è arrivato il momento di accettarne comunque un surrogato perché meglio un calcio senza pubblico, che un pubblico senza calcio. Non è vitale, l’ossigeno arriva comunque ai polmoni, anche se la domenica nessuno accende il televisore e controlla una classifica. Ma la quotidianità, per fortuna, non è fatta esclusivamente di tentativi di sopravvivenza, bensì anche di altre forme di arricchimento.

Emotivamente e anche economicamente il calcio ne è una. Mantiene in vita i macchinari di una macchina non composta esclusivamente da contratti milionari e ragazzi capricciosi. Il calcio è uno sport, quindi unione e comunione, passione e divertimento, svago e libertà e anche un’azienda che annovera modesti impiegati da sfamare così come tocca e ravviva il turismo, ad esempio.

Insomma, ognuno può essere moralista a modo suo: il pallone è sferico, non ha un angolo privilegiato da cui guardare la verità eppure gli indugi vanno sciolti e va presa una posizione.

La Bundesliga ricomincia

La Germania ha dato il via alla ripartenza del campionato. É stata la prima grande nazione europea a farlo, riannodando la Bundesliga dalla 26esima giornata e ne restano nove da disputare. D’altronde, negli ultimi giorni si è ribadita spesso la necessità di imparare a convivere con il coronavirus e, quando tutta la macchina produttiva riprende, il calcio si presenta all’appello.

Certo, in alcuni tratti il protocollo sembra essere inadeguato. Innanzitutto, nulla potrà garantire l’immunità in assenza di un vaccino e inoltre, come già sottolineato, il calcio è uno sport di inevitabile contatto, fatto di abitudini alle quali istintivamente è difficile rinunciare. Sembra, quindi, che il protocollo rappresenti più che altro una nuova forma di galateo.

 (Photo by Michael Probst/Pool via Getty Images)

Insegna le buone maniere: niente strette di mano, ma solo un gomito che tocca l’altro in segno d’intesa. I bambini non accompagnano i calciatori a bordocampo, i tifosi spesso non sono altro che cartonati incollati sugli spalti. Guai a chi s’abbraccia e perdiamo la cattiva abitudine di sputare sul verde del campo. 

Giornalisti? Sì, ma con una staffa da microfono che li allontani da ogni contatto umano e chi non scende in campo è spedito in tribuna: mascherine e a godersi lo spettacolo. 

 (Photo by Martin Meissner/Pool via Getty Images)
 (Photo by Michael Probst/Pool via Getty Images)

Un calcio sterilizzato

Sono lontani i tempi in cui il muro giallo si alzava per applaudire il Borussia Dortmund che asfalta con quattro reti lo Schalke 04. Sembra così difficile emozionarsi, perché prima viene da sorridere vedendo Erling Haaland ballare a un metro di distanza per esultare. Ovviamente non si sono perse le vecchie abitudini: è il suo, al 29’ del primo tempo, il primo gol che inaugura la ripresa. 

Calcio 2.0, che di solito significa evoluzione. Nel nostro caso, sembra più una stilizzazione dello sport più popolare.

E infatti, come quando non appoggi i gomiti sul tavolo ma poi ti alzi nel mezzo della cena per andare in bagno, infrangendo la parvenza di eleganza acquisita, in Hoffenheim - Herta Berlino i gol si festeggiano abbracciandosi.

 (Photo by Thomas Kienzle/Pool via Getty Images)

In area di rigore Borussia e Schalke, su calcio d’angolo, non evitano il contatto fisico. Incontrollabile maniera di giocare, che rende vana l’immagine del pallone strofinato con l’alcol e le mascherine che coprono da naso a mento i volti degli arbitri.

Il protocollo fa acqua in qualche punto, tanto che sovviene spontaneo domandarsi il limite tra la realtà e l’esasperazione, tra la necessità di impartire le nuove regole di buona educazione e quella di doversi esporre al rischio, se si accetta l’impegnativa sfida di rimettere un piede sul pianeta Terra.

Eccoci qua, aspettando che il metodo tedesco sia verificato tra sette giorni o meno: ci saranno nuovi contagiati? Se sì, allora s’interromperà il campionato o si andrà comunque avanti?

 (Photo by Martin Meissner/Pool via Getty Images)

Benvenuti nel nostro universo di nuovi timori e incertezze, in cui vedere una squadra dirigersi sotto la Curva vuota per applaudire i tifosi che non possono esserci è il segno più evidente del disorientamento, ma bisogna provarci perché impareremo ad adattarci e torneremo a imporre la nostra normalità.

di Sabrina Uccello

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