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Zaccone: “Koulibaly nero e napoletano: l’odio è diventato legittimo”

Kaludou Koulibaly (Photo by Maurizio Lagana/Getty Images)

 Il giornalista Maurizio Zaccone ha scritto un lungo post sul proprio profilo Facebook in cui commenta i fatti di ieri di Firenze, dove Koulibaly è stato vittima di frasi razziste

Tony Sarnataro

 Il giornalista Maurizio Zaccone ha scritto un lungo post sul proprio profiloFacebook in cui commenta i fatti di ieri di Firenze, dove Koulibaly è stato vittima di frasi razziste da parte di qualche pseudo-tifoso di casa. Durissimo il post del collega che di seguito proponiamo per intero e in allegato.

Il post di Zaccone

 (Getty Images)

Vabbè Kalidou, “scimmia di m***a” non è poi così grave.

Per una serie di motivi.

Vedi, tu non sei nero sbiadito, mulatto, scuro. Tu sei proprio nero nero.

E, perdipiù, sei napoletano. Che non è affatto cosa da poco, credimi.

Questo ti rende nero (ma nella testa di tanti c’è una “G” in più), e poi anche un po’ puzzolente e coleroso. Un nero napoletano. Pensa se fossi anche gay.

Tutto questo in un paese che del razzismo non sa nulla. Nel senso che non ritiene la discriminazione un difetto, un problema. Ma una legittima opinione.

I passi avanti in una comunità si fanno con le leggi, con l’informazione, con l’educazione all’accoglimento, sulla cultura che la diversità è arricchimento.

In questo paese i rigurgiti razzisti li hanno mandati in Parlamento.

E il sistema mediatico (che non ha mai sede al Sud) non denuncia o stigmatizza; ignora beatamente.

L’odio è diventato un legittimo punto di vista, e si legifera persino in nome di questi istinti.

8 anni fa ti avevano detto di essere venuto in Italia, ma non era propriamente vero.

Eri venuto a Napoli, che è, nel bene e nel male, un’altra cosa.

Sei venuto dove già si cantava “viva viva 'o Senegal”. Dove da secoli si convive con culture diverse, in un eterno scambio.

Dove si sorride delle ardite battaglie per i diritti delle comunità LGBT, quando da noi i “femminielli” sono integrati da sempre, grazie a una visione e un’apertura mentale che risale alla Magna Grecia. Dove gli africani siamo sempre stati noi.

Da qui poi, giovane ragazzo, sei andato in giro per gli stadi d’Italia nello stesso tour che toccò a D10S 35 anni fa. A prendersi i “benvenuti in Italia” e via dicendo.

Quell’uomo 35 anni fa capì perfettamente la situazione di questo paese, decenni prima che la intuissimo persino una parte di noi qui al Sud. E decise di non voltarsi dall’altra parte come hanno sempre fatto tutti. E, almeno sui campi di calcio, andò a mettere gli attributi sul capo ovunque.

Sono passati decenni da allora; ma su certi temi si è riusciti a fare addirittura passi indietro giganti. Non li recuperi in un giorno questa fetta di personaggi cresciuti a pane e ignoranza senza eredità culturale d’appoggio. Non lo cambiamo in un giorno un sistema mediatico educato al silenzio e alla cecità. In parte non è neanche colpa loro.

E fortunatamente è un discorso che non vale per tutti, per carità.

Ci vuole pazienza. E’ un lungo processo che prima o poi dovrà iniziare.

Tu però continua a chiedere ai trogloditi di turno di scendere e dirtele in faccia queste cose.

Non scenderà mai nessuno, credimi. E se lo farà, sarà da un albero.

“L'ho detto a Bossi quanto è grande la differenza tra sudisti e nordisti: quando i suoi antenati celtici erano ancora barbari aggrappati ai rami, i miei antenati erano già froci”.

Luciano De Crescenzo

P.S. Un abbraccio caloroso a chi ha segnalato questo post per "incitamento all'odio". A carne 'a sotto e i maccarùne 'a coppa, come si suol dire.

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