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Reja: “Il Napoli e l’Atalanta sono da scudetto, ma gli azzurri sono avanti”

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L'intervista di Edy Reja a La Gazzetta dello Sport

Sara Ghezzi

Questa sera allo Stadio Diego Armando Maradona andrà in scena Napoli-Atalanta. Sida ai vertici che dirà molto sul cammino dei entrambe le squadre. Tra gli spettatori ci sarà sicuramente Edy Reja che ha guidato sia gli azzurri che i neroazzurri e che rimane nel cuore di entrambe le tifoserie. Questa mattina il tecnico ha rilasciato un'intervista aLa Gazzetta dello Sport parlando proprio della sfida di questa sera.

"Il Napoli e l'Atalanta sono da scudetto, ma gli azzurri sono avanti", le parole di  Reja

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Di seguito le sue parole su Napoli e Atalanta:

“Un incontro aperto a qualsiasi risultato. L’Atalanta può contare sul rientro di diversi giocatori, la formazione è praticamente al completo a parte Gosens. Il Napoli invece ha qualche problema in più, gli manca il giocatore fondamentale in ogni reparto: Koulibaly, Fabian Ruiz, Osimhen. Sono assenze pesantissime”.

L’Atalanta è una candidata credibile per lo scudetto?

“Sì, anche loro sono in corsa. Sarà fondamentale arrivare in primavera in grande salute. Le condizioni devono essere ottimali perché i valori ci sono. Entrambe le squadre giocano un calcio bello, piacevole e redditizio. Anche il Napoli è migliorato rispetto agli anni precedenti, è più concreto in fase di finalizzazione”.

Se non fosse in questa stagione, chi potrebbe rompere prima l’egemonia di Juve, Inter e Milan degli ultimi vent’anni?

“Il Napoli. L’Atalanta è davvero forte, ma gli azzurri hanno una rosa di qualità e mi danno l’impressione di potercela fare prima”.

Spalletti dovrà fare a meno di Osimhen. Meglio puntare su Mertens, Petagna o entrambi?

“Luciano è un maestro, lascio a lui l’arduo compito (ride, ndr.). Sono due calciatori molto diversi: Mertens paradossalmente è molto più un uomo d’area, un finalizzatore, mentre Petagna è più un attaccante di manovra, quello a cui si dà il pallone per far salire la squadra. Da questa scelta può cambiare radicalmente il modo di sviluppare il gioco”. Tante squadre stanno andando in sofferenza per gli infortuni.

Dopo aver guidato i club, oggi allena una nazionale, quella albanese: il calendario è davvero troppo fitto?

“Sì e l’ho sempre sostenuto. Per le squadre diventa uno sforzo immane perché per reggere questi ritmi serve una rosa da 23-24 calciatori, tutti affidabili. In questo Spalletti mi sembra se la stia cavando molto bene, ne sta facendo ruotare parecchi”.

Toloi, De Roon, Freuler sono stati lanciati sotto la sua gestione. Sente di aver lasciato un’eredità tuttora visibile?

“Ho iniziato un certo tipo di lavoro, ma Gasperini ha dato il via a tutto questo. Ha saputo scegliere anno dopo anno sempre ottimi elementi, dando stabilità al progetto e favorendone lo sviluppo”.

Ha passato il testimone a Gasperini in panchina, ma l’ha anche allenato ai tempi del Pescara. Com’è stata la sua evoluzione?

“Da giocatore era una mezzala intelligente, si distingueva proprio per uno spiccato senso tattico che univa a una buona tecnica. Ora è molto attento ad altri aspetti, che non gli appartenevano così tanto, come il pressing alto e certi movimenti della fase difensiva. È un allenatore completo, è il Sacchi dei nostri tempi per l’impronta decisa che ha saputo lasciare al calcio in questi anni. Il suo lavoro è stato riconosciuto anche all’estero”.

Allena felicemente l’Albania dove sta ottenendo risultati molto positivi. Se la cercasse una squadra di vertice in Serie A tornerebbe in Italia?

“No, ho già dato. Ormai sono avanti con l’età. Sono molto contento del mio lavoro con la federazione albanese, il movimento è in crescita e mi reputo fortunato ad essere ancora considerato nella mia professione. Io e Lucescu ormai siamo gli ultimi rimasti per anzianità. È anche vero che, quando si ama un lavoro, si fa molta meno fatica e per me è sempre stato così. Ma la mia carriera è stata già ricca di soddisfazioni, specialmente da Napoli in poi”.