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Di Canio: “Gattuso ha conquistato Napoli con umanità e severità. Ancelotti vince se ha i big”

ROME, ITALY - MAY 14:  Paolo Di Canio attends during the A-Words at Ara Pacis on May 14, 2019 in Rome, Italy.  (Photo by Valerio Pennicino/Getty Images for Lega Serie A)

Paolo Di Canio ha rilasciato un'intervista ai microfoni de Il Mattino, soffermandosi su Carlo Ancelotti e Rino Gattuso

Domenico D'Ausilio

Paolo Di Canio, allenatore e commentatore televisivo, ha rilasciato un'intervista ai microfoni de Il Mattino, soffermandosi su Carlo Ancelotti e Rino Gattuso.

Di Canio su Ancelotti

 Paolo Di Canio

"Ancelotti ha trovato la sua dimensione. Lo dice la sua storia, lui è tra i migliori nella gestione di grandi campioni che giocano nei grandi club. Ha vinto dove si vince a prescindere da chi è l'allenatore: al Real dove però hanno vinto in tanti, al PSG e al Bayern. Al Napoli invece non è andata così: al primo anno ha sfruttato i meccanismi lasciati in eredità da Sarri, al secondo doveva metterci del suo e i risultati sono sotto gli occhi di tutti, con il banco che è saltato".

Su Gattuso

"Umanità e severità. Così Gattuso ha conquistato il Napoli. So bene cosa è l'entusiasmo di Napoli perché l'ho vissuto sulla mia pelle. Ma so anche cosa Gattuso dà a una squadra, l'ho visto anche nel Milan: regole precise, durezza nei comportamenti, tanto lavoro quotidiano e poi carezze al momento giusto. Era quello che voleva il Napoli ed è quello che lui sa dare. A me non piaceva all'inizio quando si prendeva le colpe di ogni cosa, anche quelle che non erano le sue. A Coverciano dicono che è una cosa che non va fatta. Anche perché una volta va bene, ma poi i giocatori si creano un alibi e ci marciano. Ora ha corretto il tiro: è schietto, diretto, usa il bastone e la carota. Giusto escludere Allan perché non si allena bene, è il segnale per tutti: chiedo regole, le impongo e il primo che sbaglia, anche se si chiama Allan, va fuori. Però un'altra cosa che ha detto mi è sembrata una esagerazione: non si è né amici né nemici dei propri calciatori".

Sul Napoli

"Non è una squadra fatta per imporre il suo gioco, anche se con il Verona qualcosa di propositivo si è visto. Le cose migliori le ha mostrate quando si è difesa con una organizzazione impeccabile e poi è ripartita. Ecco, vero che si parte dall'1-1 ma io faccio fatica a pensare che il Barcellona imposti una partita di controllo, in cui l'obiettivo è lo 0-0 per passare il turno. Messi e gli altri non fanno calcoli: anche se magari sarà a porte chiuse ma vogliono imporre il proprio talento in ogni occasione. Ed ecco che le ripartenze del Napoli potranno far male. D'altronde, Piqué non è quello di due o tre anni fa e gli altri difensori non sono all'altezza neppure del suo rendimento di adesso. Lì davanti ci sono quei piccoletti che non hanno bisogno di chissà quanto tempo per entrare in condizione. E infatti il gol all'Inter ne è la prova: Insigne è sfuggito via tra le gambe di Eriksen e Mertens si è imbucato al centro. Di questi tempi, la condizione atletica diventa un aspetto importante. Anche se le prestazioni hanno un calo del 30 per cento, inteso come continuità di pressing, meccanismi offensivi e così via".