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Napoli-Spezia, l’analisi tattica: le difficoltà degli azzurri contro squadre chiuse

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L'analisi tattica di Napoli-Spezia

Domenico D'Ausilio

Attaccare una squadra che si protegge con un blocco basso – ovvero nei pressi o poco sopra della propria area di rigore – è di certo uno dei leitmotiv principali della stampa e degli addetti ai lavori quando il Napoliaffronta formazioni chiuse ed attendiste come lo Spezia. Troppo banalmente nel calcio viene considerato semplice qualcosa che in realtà è estremamente difficile visto che è uno sport a basso punteggio: fare gol.

Napoli-Spezia, l'analisi tattica

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Vi sono infinite variabili e miriadi di situazioni, tra le quali, una delle più difficili, è riconoscere la strategia dell’avversario e manipolarla a proprio vantaggio. Per realizzare ciò, è necessario avere idee chiare e flessibili, supportate da un pattern di principi di gioco che esaltano le caratteristiche dei calciatori in rosa. Il Napoli di Spalletti 2022/2023, più dell’anno scorso, ha questa forza: sin dall’inizio del precampionato, ha lavorato su due sistemi di gioco base 1-4-3-3, 1-4-2-3-1, che si modellano e rimodellano continuamente tra loro a seconda della strategia pre–gara, mantenendo l’attitudine a dominare il contesto. Una qualità tanto cara a Spalletti. Quando un avversario decide di optare di difendere basso, con una linea difensiva “lunga” che copre bene l’ampiezza, solitamente mantenendosi “corti e compatti”, vanno valutati altri fattori, spesso dimenticati che non sono riassumibili nell’espressione facilona del “hanno messo un pullman davanti alla porta”. Bisogna chiedersi: Qual è il loro modo di contrattaccare? Pressano il portatore palla o chiudono “a cerniera” le linee di passaggio? Effettuano dei raddoppi specifici in zone specifiche del campo? Ci sono marcature a uomo? Considerare questi aspetti è essenziale poiché la capacità di assorbire bene le ripartenze avversarie, le transizioni negative, è il discrimine tra una buona e cattiva fase di non possesso. Contro il Napoli, ogni squadra ha un piano partita per bloccare la fonte di gioco primaria, Lobotka. L’altro obiettivo che abbiamo visto già ripetuto, è contestare l’1v1 isolato di Kvara col marcatore, senza dimenticare le contromisure adottate per togliere profondità alle abilità in campo aperto di Osimhen. Queste sono quelle più evidenti. Poi, le meno visibili sono certi dettagli, tra i più disparati, come ad esempio le posture nelle azioni di pressione per schermare i passaggi in diagonale verso le mezzali, Anguissa o Zielinski che vanno ad occupare la zona di rifinitura. Vedasi lo Spezia di Gotti con i marcamenti sui terzini azzurri nella nostra fase di sviluppo. La verità incontrovertibile, comunque, resta che più calciatori forti hai, più hai risorse per vincere la strategia altrui, sempre se il sistema collettivo funzioni come organismo e non come singolo. In linea generale, quando si attacca una squadra con un castello difensivo basso, lo smarcamento viene prima del “bisogna muovere velocemente la palla”. Senza buoni smarcamenti, l’azione di gioco ristagna. Raccordare è fondamentale e ad esempio, la capacità di legare di Raspadori è utilissima nel creare spazio e andare a sostegno per uno due o tagli spalle alla linea. Uno o più smarcamenti combinati puliti portano una serie di vantaggi notevoli, come ad esempio obbliga all’avversario a compiere una scelta: marcare o coprire? Per facilitare la consegna al regista, Lobotka, Spalletti sta insistendo sulla fluidità del proprio centrocampo o anche, troppo spesso sottovalutata, sulla sensibilità di venire dentro campo di Mario Rui, da “falso terzino”. I ritmi di gioco sono legati alla disposizione relazionale tra i calciatori. È la qualità collettiva della corsa a fare la differenza, non semplicemente il kilometraggio. In ordine: smarcamento, ritmo e ri-aggressione. Il gegenpressing di Spalletti quest’anno è più ragionato rispetto allo scorso, più attento a riconquistare forte solo quando vi sono molti uomini nei pressi della zona di perdita del pallone. Questo strumento aiuta appunto contro squadre attendiste nella propria metà campo, per evitare transizioni negative scollate e possibili inferiorità difensive. In definitiva, la difficoltà del Napoli contro squadre del genere in realtà è un falso problema, poiché l’unica condizione che potrebbe inficiare negativamente è il calciare meno e meno bene fuori area, avendo perso anche uno specialista come Fabian Ruiz. Per il resto, la qualità della rosa, possedendo giocatori abili nell’esplorare i mezzi spazi oltre che esterni forti nell’1v1, per non dimenticare due punte generose come Simeone ed Osimhen che mai si risparmiano in corse oltre la linea difensiva, rendono il Napoli di Spalletti un laboratorio tattico di prim’ordine. Sarà la fiducia nel rendere regolari le vittorie a trasformare questo Napoli in una squadra da Scudetto.

Mr Bruno Conte

Uefa C

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