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Morte Maradona, le reazioni degli ex compagni al Napoli: dalla preghiera di Careca alle lacrime di Romano

Morte Maradona, le reazioni degli ex compagni al Napoli: dalla preghiera di Careca alle lacrime di Romano

L’edizione odierna del Corriere dello Sport riporta le reazioni dei compagni di squadra di Diego Armando Maradona ai tempi di Napoli dopo aver appreso la notizia della sua morte. Morte Maradona, le reazioni degli ex compagni al Napoli I...

Domenico D'Ausilio

L'edizione odierna del Corriere dello Sport riporta le reazioni dei compagni di squadra di Diego Armando Maradona ai tempi di Napoli dopo aver appreso la notizia della sua morte.

Morte Maradona, le reazioni degli ex compagni al Napoli

I ricordi soffocano il tecnico del primo scudetto Ottavio Bianchi e gli strappano via ogni parola. "Non ce la faccio". Fu così bella quell’epoca, attraversata sguazzando nelle pozzanghere e poi issandosi sino all’Olimpo degli dèi. Ci sono frammenti inestinguibili che adesso giacciono al fianco di Careca, smarrito, stravolto, rifugiatosi della «fede». "Signore, il nostro Amico, Fratello Diego è partito per il tuo Regno, accoglilo a braccia aperte, era e sarà sempre speciale per tutti noi". In sette anni, in quella dimensione favolistica e irripetibile, nel momento in cui venne riscritta la Storia, casa-Bruscolotti era anche un po’ di Diego. "Da oggi sei tu il capitano, però dovrai mantenere l'impegno: Napoli aspetta lo scudetto". C’è un fiume di sensazioni che travolgono e trascinano tra le rapide e Bruscolotti si aggrappa a quel che resta, adesso, per tentare di sfuggire ad un malessere che s’avverte nella carne e nell’anima e che non può essere affrontato a viso aperto: "Diego per me era come un fratello, abbiamo avuto un rapporto fortissimo, incredibile. Napoli ha perso un figlio, uno che gli ha dato tanto. E la sua scomparsa è un lutto cittadino o forse mondiale". 

Le lacrime di Romano

C’è un orizzonte reso paco dalle lacrime e però c’è pure un passato che splende, adesso, nella «tota», cioè Francesco Romano, che se ne sta con il suo Diego tra vari passaggi del loro vissuto, che non ristagna esclusivamente in un pallone ma in uno scrigno che è colmo di aneddoti e serve per starsene lontani dal baratro. "L’ultima volta che ci eravamo visti, fu tre anni fa, quando venne a Napoli per la cittadinanza onoraria. Ci eravamo sentiti poco, perché non era facile, ma non c’era mai stata distanza. Ed ora mi sembra di sentire ancora le sue braccia che stringono e io che non afferro ciò che mi sussurrava". Gli diceva «tota», perché in quell’amico aveva scoperto un uomo capace di rassicurarlo, come gli accadeva con la mamma da bambino, quando se ne andava a spasso per le strade piene di polvere. "Mentre invece è stato lui a guidarci per mano. Ed ora il dolore è insopportabile. Lo combatto parlandone, mi aiuta a tirar fuori tutto quello che ho dentro. Ho giocato nel Napoli di Maradona e con lui ho vinto il primo scudetto. Era e rimarrà il più grande di sempre".