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calcionapoli1926 interviste Napoli, l’ex preparatore: “Infortuni? Troppe gare ravvicinate. Ecco cosa cambiare”

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Napoli, l’ex preparatore: “Infortuni? Troppe gare ravvicinate. Ecco cosa cambiare”

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Il commento sui numerosi stop di questo inizio stagione
Sara Ghezzi

Gigi Febbrari, ex preparatore anche del Napoli di Edy Reja,  ha rilasciato un'intervista a Il Mattino commentando la situazione degli infortuni. A seguire le sue parole.

Napoli, l'ex preparatore: "Infortuni? Troppe gare ravvicinate. Ecco cosa cambiare"

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Che idea si è fatto?

«Gli infortunati sono un problema serio e si capisce troppo poco di quello che sta succedendo».

Secondo lei quali potrebbero essere le cause di questo fenomeno in continua crescita in tutta Europa?

«Di sicuro c’è un problema legato agli impegni ravvicinati».

Ovvero?

«Semplice: si gioca troppo. E anche i cinque cambi non hanno influito sul problema infortuni, non servono a ridurre l’incremento dei casi. Perché queste macchine non possono sopportare un carico così pesante a distanza di poco tempo»


Insomma, tante partite non possono essere rette...

«Non c’entra la condizione. È un problema strutturale. I muscoli dei calciatori non possono reggere tanto stress».

Ci sarebbe un modo per prevenire gli infortuni?

«In realtà è quello che già fanno tutti. La prevenzione è alla base del lavoro di ogni staff medico e tecnico. Ma non esiste una prevenzione migliore di un’altra».

E allora?

«Serve affidarsi alle statistiche».

In che senso?

«I dati e i precedenti di un giocatore ti possono suggerire il percorso per raggiungere la strada giusta. Ma non nascondiamoci però dietro un

dito: anche la metodologia andrebbe rivista».

Cosa vuol dire?

«Al netto dei dati sui quali si ragiona, ti serve anche fare dei test».

Le è mai capitato?

«Parto proprio dalla mia esperienza personale. Mi sono capitate stagioni nelle quali non avevo nemmeno un infortunato, e magari quella dopo seguendo lo stesso metodo di lavoro, si facevano male tutti anche solo guardandoli».

E allora?

«E allora tocca fare dei test, tocca cambiare, non adagiarsi su una metodologia anche se l’anno prima ti ha portato dei risultati positivi. Perché le cose cambiano e non si può mai prevedere come possono evolvere. Ok i protocolli, sui quali bisogna sempre fare affidamento, ma poi è il campo a darti le risposte definitive».

Il calciatore può fare qualcosa per aiutare lo staff medico?

«Assolutamente sì. Quello che io chiamo l’allenamento occulto».

In cosa consiste?

«Lo staff medico e lo staff tecnico vedono un calciatore solo per alcune ore al giorno, ore che sono certamente inferiori rispetto a quelle che trascorre a casa. Lì è importante quello che fanno, come dormono, quanto dormono e che tipo di alimentazione fanno. Addirittura mi è capitato di chiedere ai fisioterapisti quanto tempo i giocatori trascorrevano sui lettini per capire quanto si dedicavano al lavoro di recupero».