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interviste

Kempes: “Maradona è stato un genio. Sulla rivalità con Messi…”

Maradona docufilm
Le dichiarazioni dell'ex calciatore e compagno di nazionale del Pibe de Oro
Bruno Stampa

Arrivano altre dichiarazioni molto interessanti dal Festival dello Sport, che si conclude oggi a Trento. All'evento organizzato dalla Gazzetta dello Sport, uno degli ospiti odierni è stato Mario Kempes, ex calciatore argentino campione del mondo con la nazionale nel 1978.

Kempes: "In Argentina abbiamo avuto due geni, uno gioca ancora"

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"In Argentina a quei tempi non esistevano i computer, non avevamo i videogiochi. L'unica cosa che avevamo era la scuola e la palla quando uscivamo da scuola. Questa palla era fatta da strofinacci o pezzi di legno. Gli argentini in generale sono sempre stati grandi appassionati di calcio. Non c'era neanche la televisione, solo la radio, noi ascoltavamo lì le partite. Non ho mai avuto un vero idolo anche perché noi immaginavamo il campo però in realtà non potevamo fare dei paragoni tra i giocatori. Prima di questo pomeriggio, quello che abbiamo fatto è stato molto importante. Tutti avevamo avuto una piccola esperienza in Germania. Tutti gli altri avevano più esperienza ma nessuno aveva avuto la possibilità di giocare un Mondiale. Eravamo una Nazionale senza esperienza però con tantissima voglia. Tutti si fermavano per guardare una partita di calcio e noi dovevamo solo fare le cose bene. Abbiamo avuto fortuna perché in questo gruppo tutti volevamo la stessa cosa. Non pensavamo di arrivare in finale, volevamo solo giocare con la nostra dognita e rendere noi stessi e il nostro popolo felici. La sera prima tutti pensavamo cosa potesse succedere il giorno dopo. Siamo riusciti a fare qualcosa che nessuno era riuscito a fare: giocare una finale in Argentina. Il giorno dopo ci siamo svegliati e quando siamo arrivati al campo vedevamo le persone molto felici. Noi eravamo diventati molto amici. Abbiamo avuto anche un po' di fortuna. Io stavo giocando in Spagna ormai da due anni. Non si sentivano molte notizie dei desaparecidos. Quando poi si è scoperto tutto, allora abbiamo capito cosa stesse succedendo. A quel tempo la politica argentina era così chiusa che nessuno faceva sapere niente. Ci hanno anche detto che la nostra vittoria era dovuta ai militari. Noi semplicemente rappresentavamo il calcio, non la politica. Il popolo argentino stava aspettando questa vittoria per risollevare gli animi anche se sapevamo cosa stava succedendo. Prima di Menotti, l'Argentina aveva cambiato molti allenatori. Lui però voleva portare a termine i suoi obiettivi. Lui, quando ci allenavamo, si sedeva sulla palla, parlava molto e poi facevamo l'allenamento. Noi credevamo molto in lui e infatti siamo riusciti a fare tutto ciò che avevamo programmato. Mondiale '82? Me lo ricordo molto bene. Abbiamo passato il primo girone per miracolo e poi abbiamo preso Brasile e Italia. C'erano molte persone nuove rispetto al Mondiale precedente. La mentalità non era la stessa e secondo me l'Argentina non si era preparata bene mentalmente. Quando siamo andati in Spagna avevamo un hotel spettacolare e avevamo anche la nostra famiglia vicino, a differenza del '78. Anche io non ero lo stesso. Non eravamo così concentrati su quello che stavamo facendo. Maradona? Un genio. In totale ne abbiamo avuti due, un sta ancora giocando adesso (Messi, ndr). Quando loro hanno la palla sanno già cosa fare, tu però non puoi prevederlo. Non puoi riuscire a capirli. Dopo Diego (Maradona, ndr) c'è stato Messi. Quando sono arrivato nel Mondiale del '78 lui aveva appena iniziato e io non lo conoscevo. Quando l'ho visto giocare ho capito che era un genio, forse aveva solo quindici anni. Era un giocatore così diverso. Io non ho chiesto il 10 in Argentina, mi è toccato per ordine alfabetico, quasi per caso. Non so cosa succede con quel 10. Molti mancini usano il 10, non so se è questa la differenza. Il 10 però è stato un numero rappresentativo dell'Argentina, dopo di me Diego e poi Messi. A un certo punto si voleva anche togliere questo numero in Argentina. Questo numero ti identifica come un giocatore diverso. Quando prendi la 10 è come se fossi sotto incantesimo".


 

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