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Dr. Canonico, medico del Napoli: “Ecco i segreti della preparazione atletica”

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Le innovazioni fisioterapiche, la programmazione e il lavoro sul campo: il tutto, con un'attenzione spasmodica agli ultimi studi in continuo aggiornamento
Emanuela Castelli
Emanuela Castelli Giornalista 

Il dottor Raffaele Canonico, medico sociale del Napoli, ha rilasciato una lunga intervista a informareonline.com.  La splendida stagione degli azzurri, la preparazione atletica, la programmazione, il rapporto con il territorio: tanti i temi affrontati in questa intervista, che la nostra redazione ripubblica interamente.

Salta subito all’occhio che la risposta fisica dei giocatori azzurri è stata eccellente. Nonostante la sosta per il Mondiale, il Napoli non ha subito flessioni fisiche. Come siete arrivati a questo risultato? «Il nostro lavoro viene esaltato o mortificato dai risultati e spesso si perde la qualità del lavoro svolto. In realtà non è cambiato niente rispetto a quanto si è fatto negli anni scorsi. E' ovvio che il lavoro si aggiorna e vengono inserite nuove metodiche fisioterapiche. Probabilmente gli infortuni si sono distribuiti in modo diverso, non sempre è una questione di preparazione: entra in gioco anche la fortuna. Negli anni scorsi capitava che nel giro di un mese si accavallavano due/tre infortuni anche con giocatori dello stesso ruolo. Come nell'ultimo periodo che, al rientro dalla Nazionale, siamo stati sfortunati proprio perché i tre attaccanti centrali erano infortunati allo stesso tempo".

Può aver inciso la Coppa d'Africa? "È stato pubblicato uno studio in proposito, condiviso con tutti i team di Serie A, in cui si evince che il reale problema degli ultimi due anni è stato il Covid che lasciava degli strascichi importanti ai sistemi immunitario, muscolare e cardiovascolare. Come anche le problematiche relative al Long-Covid che noi abbiamo vissuto con un paio di atleti, i quali hanno impiegato mesi a recuperare nonostante fossero stati asintomatici. Si evince proprio che è aumentata l’incidenza delle problematiche muscolari anche non a seguito di eventi traumatici, dovute sia all’infezione stessa che al numero di partite giocate in maniera ravvicinate. La Coppa D’Africa, così come qualunque evento con le Nazionali, non ha permesso di avere un quadro chiaro di allenamenti, impegni e conseguente affaticamento. Ovviamente una competizione del genere, inserita all’interno di una stagione, va ad incidere con i suoi spostamenti e allenamenti. Il discorso è comune a tutte le squadre e gli impegni sono tanti: il prossimo anno avremo la Supercoppa, poi tornerà la Champions. Per affrontare tutti questi impegni la rosa dovrebbe essere molto più ampia, ma tanti giocatori vanno poi gestiti e resta il discorso dei titolari e dei non titolari. Eppure, lo scorso anno, nonostante prima di Natale ci fosse stata un’ondata importante di influenza che aveva decimato la squadra, allo scontro con la Juventus del 6 gennaio i giocatori disponibili erano in tredici. Con lo staff tecnico si arrivava ad un numero di trenta, ma la partita è stata importante e splendida. Il Napoli è stata l’unica squadra con tutti gli atleti vaccinati, ma non è stato possibile prevedere e gestire il dilagare dell’infezione».

Dal 2004 ha avuto esperienze importanti con tanti atleti, ha visto dei cambiamenti anche fisicamente? «Ne parlavo col Pampa Sosa, adesso esiste la gestione dell’atleta-azienda. Se tanti campioni arrivano a giocare anche oltre i 40 anni è proprio perché c’è una maggiore attenzione alla dieta, alle terapie e all’allenamento».

Tra le varie esperienze con gli allenatori, uno internazionale come Ancelotti ha portato delle innovazioni? «Ha portato un plus per salire di livello anche nella gestione dell’atleta. Beniamino Fulco si occupava anche della loro alimentazione perfezionandone la dieta. Chi ha portato delle innovazioni l’ha fatto con l’intento di trasmettere e lasciare la propria impronta senza pensare troppo alla lunghezza del contratto. È importante che chi arriva si cali nella nuova realtà e ne rispetti l’ambiente».

Quest’anno state scrivendo la storia di uno scudetto atteso 33 anni. Come state vivendo questo momento? «Cerchiamo di rimanere lucidi, ho condiviso con il dott. De Luca eventi traumatici importanti, ma se ci fermiamo a realizzare quanto fatto ci sembra ancora impossibile. A Napoli si vive di calcio e si parla solo di calcio. Spesso sfuggo alle domande per strada, ma la soddisfazione è grande. Io stesso da piccolo ero un abbonato del Napoli e sono un tifoso, i più giovani ancora non hanno realizzato la grandezza di quanto sta accadendo».

Il centro sportivo a Castel Volturno e la Clinica Pineta grande, qual è il rapporto col territorio? «Pineta Grande è per noi una salvezza, il dott. Vincenzo Schiavone ha creato un’eccellenza e noi facciamo grande riferimento a tutti i medici che ci supportano e alla loro tecnologia. Ma in particolare, mi preme sottolineare la grande professionalità e riservatezza che ci permette di affidarci senza timore di fughe di notizie e particolari che nel nostro caso potrebbero davvero danneggiarci. Il territorio è splendido, ci offre la serenità, la protezione e l’isolamento necessario. Ma soprattutto una combinazione climatica tra mare e pineta che davvero dovrebbero invidiarci. La SSC Napoli è perfettamente integrata in questo contesto».

Quanto è contento del suo staff? «Non potrei fare a meno di nessuno di loro».