Arrivarono in centomila. Anzi, in più. Chi con la bandiera cucita dalla nonna. Chi con un sombrero rimasto invenduto da Messico ’86 e riciclato per l’occasione. Chi, come me, con un cesto in mano e una manciata di fotocopie stampate di straforo. Le vendevo a 500 lire. Era un’economia poetica e illegale, ma nessuno la chiamava così.
Alle 16 cominciò la partita, ma sembrava un dettaglio. Al 29' segnammo. Non fu un boato. Fu una liberazione. Urlammo noi, ma anche chi non c’era più. I vivi e i morti. Alla fine non invademmo il campo. Restammo sugli spalti a cantare. E fu anche quella una rivoluzione.
Poi esplose la città. Ma in un modo che nessuno, nemmeno chi ci odiava, poté contestare. La festa scivolò per i vicoli, salì sui tetti, invase le chiese, le carceri, gli ospedali, le caserme. Le navi suonarono le sirene. I carretti fecero da palchi. Il cielo era blu come le bandiere e gli occhi.
Qualcuno scrisse che fu il giorno in cui Napoli dimostrò di saper vincere. Altri temevano Masaniello e i Lazzari, ma trovarono compostezza. C'era chi derideva, chi minimizzava, chi rideva. E chi da Milano scrisse che forse era lo scudetto ad avere bisogno di Napoli. Non il contrario. A distanza di 37 anni, voglio raccontarlo ancora. Per chi c’era e ha dimenticato dei dettagli. Per chi non c’era e crede che “era solo calcio”. Per chi ama Napoli, anche quando non la capisce
Ricomincio da te", un viaggio nelle emozioni di un giorno che ha cambiato per sempre la storia di Napoli.
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