00:10 min

editoriali

«Uomini deboli, destini deboli»

Mattia Fele

I tre gol subìti in 7' dal Napoli sono la spia accesa di un'auto in fiamme. È l'ebollizione totale di alcuni elementi, spenti e svuotati, che non hanno più nulla da dare all'ambiente. Sorride il Nord, ma siamo noi quelli totalmente inadeguati

Il Napoli 2021/22 di Luciano Spalletti, Cristiano Giuntoli e Aurelio De Laurentiis ha raccolto 1 punto su 9 disponibili contro Fiorentina, Roma ed Empoli. Un trend che significa abbandono totale dello scudetto alla Regione Lombardia, con tanto di pacchetto e fiocchettino. Un andazzo che si traduce e culmina in sette minuti di follia, tra Malcuit, Meret e il Fato a cui piace che si parli di Napoli con clamore. Tutto il resto è inspiegabile: l'Empoli non segnava 3 gol in un solo tempo in casa dalla Seconda Guerra Punica.

Senza mai masticare

Semplicistico e da manuale del buon comunicatore l'intervento di Spalletti a DAZN, nel post-gara più maledetto forse dal 29 aprile 2018. Lì era Firenze, qui Empoli: il responsabile sono io.

C'è da evidenziare che grazie al mister questa squadra ha saputo battersi con onore per buoni tratti del campionato, giocando ottime partite fuori casa e lottando o illudendosi di aver lottato - grazie ad una clamorosa involuzione di Atalanta e Inter e alla scarsa Juventus - persino per lo Scudetto. Amaro sarà scoprire a fine maggio di non aver mai realmente partecipato, pur ritrovandosi più volte il boccone tra i denti. Senza mai masticare.

Troppo facile dare la colpa a tutti senza tener d'occhio un po' di lucidità - la stessa che si rimprovera a loro -.  Non si può perché è un miracolo essere (quasi) in Champions nonostante le tante vicissitudini e un ciclo finito da anni, con giocatori che forse non hanno più nulla da dare a questa maglia se non il peso di togliere il posto a chi potrebbe ancora sbocciare. È la fine di un progetto bellissimo ma portato avanti per inerzia e per errore, e oggi questa squadra ce l'ha urlato in faccia. Che non ne può più di Napoli, che non ne può più del Napoli. Non c'entrano solo le caratteristiche: chi ha un po' di amore verso il proprio lavoro non si lascia sorprendere in campo per tre volte in 7 minuti tondi. Qui c'è dell'altro. Non sappiamo né mai sapremo danzare sotto la pioggia anche se in città ci vantiamo di saperci arrangiare.

Poi c'è la partita, controllata per gran parte nel secondo tempo e giocata con confusione ma con bel ritmo nel primo. L'Empoli trovava spazi e il Napoli verticalità immediata e soprattutto la balistica di Dries Mertens, uno di quelli che semplicemente conosce il gioco del calcio e potrebbe dare lezioni di personalità e destino. La palla gli arriva perché lui sa dove coordinarsi rispetto al pianeta e alle stelle. Così conclude e segna, e lo fa da 9 anni. Poi Anguissa per Insigne e il 2-0 che ghiaccia la partita e lo stadio, prima che Malcuit e Meret combinassero la marmellata. Il secondo gol ricorda Karius (sparito dal calcio), il terzo è sintomo di una totale assenza di qualsiasi senso tattico, di posizionamento individuale e marcatura preventiva.

È mancato questo

In un'ottica più ampia, la piazza dovrà accettare qualche anno di transizione perché è tempo di rifondare. Bisognerà rientrare nel campo delle scelte scomode e quindi dei rischi, sempre nel rispetto di una squadra che è già la seconda per punti in Serie A negli ultimi 12 anni. Lo si dovrà fare in virtù di un bene superiore: la crescita.

Per il Napoli non parla la storia né si può generare un DNA autentico (e vincente) se non partendo da chi ha innanzitutto a cuore maglia e popolo, attorno a cui costruire almeno un'identità ambientale, poi societaria. Che ci sia gerarchia ma anche vicinanza al pubblico in nome di alcuni valori sani che ispirino all'equilibrio, che non siano specchio della città ma che aiutino Napoli stessa a crescere in cultura e competenze.

Non siamo Milano e per diventarlo servono anni di perfezione e oculatezza, e per averli bisogna costruire una gestione fatta di uomini che siano affamati, che vogliano una rivalsa e un posto nella Storia. Il Napoli società è rimasto invece fermo ai ricordi del triennio di Sarri e non ha saputo spargere in giro le polveri di quella bomba inesplosa. E allora via i capricci e i capricciosi. Dentro il corpo, l'agonismo giusto e l'attaccamento al calcio di uomini che non assorbono i malumori, ma generano nuova linfa di positività in un gruppo. E di grazia, una preparazione atletica all'altezza. È mancato questo.

A cura di Mattia Fele  ©RIPRODUZIONE RISERVATA