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editoriali

Raspadori ha sfilato all’ultimo il foglio dall’inchiostro disfattista. Eravate già tutti pronti

Mattia Fele

Gotti ha guardato Napoli-Lecce, ma stavolta allo Spezia gira male al Maradona: la zampata di Raspadori risolve una partita che altrimenti sarebbe finita 0-0 anche con 18 minuti di recupero. Spalletti fa turnover e lo farà sempre, abituatevi

Un Napoli per niente bello, poco brillante e con zero ritmo cancella l'incantesimo Spezia, che al Maradona ne aveva vinte due su due (tutte nel 2021, prima con Italiano e poi con Thiago Motta). Ma vincere al novantesimo non è che sia vietato. A risolvere è Giacomino Raspadori, l'acquisto più caro del mercato estivo di Giuntoli e De Laurentiis, strappato al Sassuolo al termine di una trattativa sudata quanto questa partita. La sua zampata vale un primato temporaneo che fa esultare Spalletti, espulso nel finale per un gesto incomprensibile ed inutile.

Non può neanche sempre piovere

Nell'assolato primo tempo di Napoli-Spezia, i ritmi assomigliavano ad una partita di scopone scientifico: passaggi blandi, poche accelerazioni e sviluppo di squadra un po' assente. Unico a distinguersi Khvicha Kvaratskhelia, in grande forma fisica e psicologica (le immagini dei due tunnel ad inizio partita faranno il giro del mondo ndr). Diverse sue accelerazioni sono finite per diventare pericolosi tiri in porta (sempre deviati da uno strepitoso Kiwior, ieri il migliore dei suoi), ma poco altro. Ndombele seriamente preoccupante, dato che si è visto pochissimo nonostante la sua condizione fisica sia nettamente migliorata. Qualche scatto e nulla più, qualche tiro tentato e poi basta. Mai ha provato a fare luce ai suoi compagni facendosi vedere, poco ha partecipato alle manovre offensive. Tanguy è ancora un corpo del tutto estraneo e per ora il mismatch con Fabian Ruiz è abissale. Cosmico. Persino Spalletti se ne accorge e lo fa sedere subito al 46', come contro il Lecce.

Non mancano, a dirla tutta, le similitudini con la gara pareggiata coi giallorossi. Unica differenza l'eurogol di Colombo che invece lo Spezia non ha trovato, seppure il Napoli stesse per concederglielo su un errore clamoroso di comunicazione tra Mario Rui e Meret al calar della lucidità, in fin di partita. Per il resto, spartito simile: avversari bravi nel muovere palla, stanchezza diffusa nel Napoli e un'intesa ancora da ritrovare tra i "nuovi" e i titolari. Anche Raspadori è annegato nella linea avversaria, abbassandosi troppo o troppo poco per venire a raccordare, alla ricerca costante di una posizione per dare spunti. Così, una gara che il Napoli avrebbe dovuto aggredire dai primissimi secondi si è protratta sullo 0-0 e si è complicata enormemente fino all'ultimo minuto. Letteralmente.

Così nel secondo tempo l'approccio cambia: Anguissa subito vicino al gol, Kvara ancora prepotente sulla fascia, Elmas e Raspadori provano ad entrare più nel gioco. Mario Rui viene dentro al campo per permettere un'opzione in più nel palleggio, dato che i quinti dello Spezia venivano molto spesso a chiudere sul portoghese. Lobotka è il solito faro per gli ammarati, con il suo piroettare e indirizzare. Tutto sbilanciato in avanti, il Napoli subisce qualche contropiede ma è brava la linea difensiva ad assorbirli, seppur siano da segnalare alcuni buchi in fase difensiva da parte del centrocampo che faticava spesso a rientrare. O è troppa fiducia o sono caratteristiche. Basta guardare il Milan su questo, dove come una fisarmonica tutti salgono e tutti scendono alla velocità della luce.

Entrano Lozano, Zielinski e Simeone (impalpabile oggi ndr) ma cambia poco. Il copione è già visto e rivisto e solo un episodio potrebbe dargli una rinfrescata. Così all'89', dopo tante perdite di tempo da parte dello Spezia e un possesso palla molto spesso fine a se stesso, Raspadori viene favorito da un liscio di Gaetano in area su cross di Lozano e batte il portiere. È 1-0: l'ex Sassuolo corre sotto la Curva ed è felice perché dice ancora "sono nel posto giusto", come Simeone mercoledì. Subito prima aveva sprecato due-tre tiri da buona posizione, così come aveva fatto Lozano su calcio d'angolo a porta vuota. Poi Dragowski aveva parato un tiro forte ma centrale di Zielinski. Insomma, sembrava Napoli-Empoli, Napoli-Lecce, Napoli-Torino di Natale con Gattuso. Ma non può neanche sempre piovere.

La zampata vincente porta il Napoli a 14 punti in 6 partite, con una media da terzo posto come volevasi dimostrare. Qualche buona partita, qualche frenata, qualche difetto e tanti pregi. L'importante è avere un'identità. Quella azzurra è devastante in spazi larghi e aperti, un po' più imbrigliata quando i polpacci si sporcano di fango ed erba rizollata. Ma dice bene Juan Jesus, che parla dei nuovi come "spensierati, senza pressione perché forse non conoscono la grandezza del Napoli". Un modo onesto per intendere che non sono sfibrati, ammalati di fantasmi passati come chi è andato via. La fame è la vera cifra dello Spalletti-bis, unita poi a delle caratteristiche più corrette per il gioco verticale che il tecnico ha incollate in mente. Ai posteri l'ardua sentenza su dove potrà arrivare una squadra che già ha il merito di aver cancellato le inutili proteste a danno della gestione tecnica del Napoli (l'unica - davvero - parte dell'organigramma impossibile da criticare). L'episodio di Raspadori ha praticamente obbligato molte penne a ripensare da capo i propri editoriali e le proprie domande nel post (dove Spalletti ha anche sbottato e non poco ndr).

Dopo sei partite (sette ufficiali) e una vittoria contro lo Spezia anche senza Osimhen, iniziano a farsi importanti i solchi rispetto all'anno scorso. Solchi e miglioramenti che Spalletti rivendica, come - giustamente - difende la scelta di far ruotare tutti i suoi uomini. Pure se opinabile, è comunque lui a decidere ed è inutile tentare di distoglierlo dal suo modo di gestire i 22. La priorità è avere meno infortuni possibili, perché poi agli eventuali pareggi si rimedia più in là. Più cautela sui giudizi. Ora sarebbe importante arrivare alla sosta - concludendo quindi il primo quarto di stagione - senza perdere. Resistere anche a Milano e a Glasgow, con il piglio di chi calcia un pallone con la leggerezza di un bambino.

 

A cura di Mattia Fele

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