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editoriali

Dries Mertens, parabola di un uomo al servizio di Napoli

Mertens (Getty Images)

Napoli. In una condizione di stallo e confusione generale, insistenti e fitte si fanno le voci di un possibile trasferimento di Dries Mertens all’Inter. L’attaccante belga a marzo sembrava vicino al rinnovo, ma qualcosa si è inceppato. La...

Mattia Fele

Napoli. In una condizione di stallo e confusione generale, insistenti e fitte si fanno le voci di un possibile trasferimento di Dries Mertens all’Inter. L’attaccante belga a marzo sembrava vicino al rinnovo, ma qualcosa si è inceppato. La città è divisa tra chi aspetta - e spera - e chi invece inizia a prendere atto di un doloroso distacco.

Dries Mertens, parabola di uomo al servizio di Napoli

Mertens (Getty Images)

Dries Mertens non è sempre stato il miglior calciatore del Napoli. Tecnicamente lo si etichettava come il “doppio” di Insigne, bravo nel dribbling, eccellente nel gioco tra le linee, a tratti un po’ sopraffatto dal proprio egoismo. Non a caso sia Benitez (per due stagioni, ’13-14 e ’14-15) che Sarri nel 2015-16 consideravano il belga come nient’altro che un ottimo sostituto, elemento di rottura in quelle gare bloccate, ossigeno d’emergenza per un reparto offensivo soffocato dai tatticismi delle difese avversarie. Dries prontamente rispondeva alla chiamata d’aiuto con prestazioni talvolta sfavillanti, altre volte riempite di giocate cervellotiche o comunque prevedibili. Sembrava trattarsi di un calciatore stereotipato, troppo legato alla linea del fallo laterale, destinato ad involvere con il tempo e lasciare la città come altri giocatori normali, come oggi si usa spesso definire quegli atleti che non fanno la differenza. Definizioni vuote, forme inconsistenti.

L’infortunio di Milik, la svolta

 NAPLES, ITALY - DECEMBER 18: Napolis player Dries Mertens scores the 5-2 goal during the Serie A match between SSC Napoli and FC Torino at Stadio San Paolo on December 18, 2016 in Naples, Italy. (Photo by Francesco Pecoraro/Getty Images)

Lo spostamento a punta centrale, lì dove Milik aveva lasciato una fessura con il suo brutto infortunio, è per un primo momento conferma di un Mertens “tappabuchi”, titolo di colui che temporaneamente prende il luogo di qualcun altro. L’impatto fu superbo: Dries realizzò nella stagione 2016-17 34 gol in 46 presenze stagionali. Poco c’è da aggiungere, alle parole di Sarri:

“Per quanto riguarda Dries, è stato un limite nostro: non ci siamo accorti che è un attaccante. Tutti quelli che lo hanno allenato, me compreso, hanno sempre pensato che fosse un giocatore abile a spaccare le partite a gara in corso, invece con queste prestazioni ci ha fatto passare tutti per c…”. Da qui il prolungamento del contratto al 2020, 4 milioni di euro a stagione, una città ai suoi piedi.

Dries Mertens ha dato prova calcistica di un postulato di vita: non si smette mai di ri-scoprirsi. Molti meno dribbling e più giocate sofisticate, passaggi filtranti, tagli alle spalle della difesa. Così Mertens ha preso con sé il cuore e l’anima dei suoi tifosi ed ha iniziato a rappresentare il suo popolo. Emblema di una città che non si arrende, che non solo si arrangia ma che domina le situazioni più scomode.

Con l’arrivo di Ancelotti, gli viene affiancato un attaccante (spesso Milik, a cui aveva rubato la scena), e ancora Mertens trova in sé il nuovo: diventa tra i più bravi a sfruttare lo spazio tra il centrocampo e la difesa avversaria, si allontana dalla porta – ed infatti va meno a segno – ma la sua velocità di pensiero anticipa spesso gli avversari.

Ma dirselo è dura

 Napoli, Mertens (Getty Images)

La situazione d’emergenza che abbiamo vissuto in questi mesi ci ha tenuti con il fiato sospeso, abbiamo dovuto spegnere il cervello per non pensare, smussare all'osso le nostre più ordinarie abitudini. Il mondo del calcio, che sembrava intaccabile, è piombato in un ammasso caotico composto di decisioni e dietrofront, procrastinazioni,  comunicati con tanto di riflessioni lasciate al vento e polemiche grottesche condite di profonda arroganza. Il futuro di Mertens sembrava azzurro ad inizio marzo, e l’epidemia da Coronavirus ha rimandato prima e cancellato poi un accordo che significava vicinanza ritrovata. Ciò che si leva ora invece, da questa voragine che c’è tra le parti, è un boato silenzioso. Non si proferisce parola. Di certo c’è poco da dire o discutere su di un fatto: Mertens è un valore tecnico essenziale alla rosa del Napoli. Il belga ama Napoli, Napoli ama il belga. Non tentare fino alla fine di riconciliarsi sarebbe – ahinoi – un grave errore di valutazione, anche maggiore di quello commesso con Marek Hamsik.

Ad oggi, maggio 2020, ancora non c’è soluzione, e stiamo iniziando a realizzarlo tutti. Stare insieme (forse) è finito. Abbiamo capito.

Ma dirselo è dura.

Di Mattia Fele

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