editoriali

Il bilancio della stagione? È una sola parola. In lingua madre: «Patatern!»

insigne

Un rimpianto che resterà nella storia. E stavolta non è colpa di Orsato...

Giovanni Ibello

Analizziamo insieme il flop scudetto del Napoli. Un rimpianto che resterà nella storia. E stavolta non è colpa di Orsato...

Nel ritornello della canzone Treno di ferro, il cantautore Ivano Fossati scrive: "Una valanga d'amore contro un bicchiere d'aceto". Ed è impossibile, alla luce di queste parole così esatte, non pensare al percorso travagliato del nostro amato Napoli. Impossibile non pensare allo stadio pieno che canta "Dai ragazzi non mollate" subito dopo il pareggio sanguinoso di El Sharaawy (un pari che di fatto ha messo la ceralacca sulla fine del sogno). Eppure questa era la volta buona. Non ci sono troppe considerazioni da fare, basta analizzare succintamente i fatti. Il Napoli si è suicidato in un torneo che mai come quest'anno era ampiamente alla portata. Il crollo di Juve e Atalanta, il rendimento sinusoidale delle due milanesi... Gli azzurri dovevano ghermire la preda. Non ci sono santi, sono troppi anni che si resta abbagliati dallo specchio del trionfo. Il Napoli si è suicidato. Lo ha fatto due volte con l'Empoli e poi ancora contro lo Spezia. Patatern! Impossibile non imprecare nella nostra lingua madre. Tre gare contro avversari scandalosamente modesti, tre partite che - numeri alla mano (parliamo proprio degli scout) - la banda Spalletti avrebbe dovuto portare a casa. Quei nove punti in più avrebbero garantito senza particolari affanni un finale di stagione da assoluti protagonisti. L'altra parte del crollo è da ascrivere ai tanti infortuni, in particolare a quelli di Di Lorenzo e Osimhen. Quanto al primo bisogna dire che forse il problema è all'origine: mancava sin dal mercato estivo un'alternativa credibile sull'out di destra. Malcuit è francamente irricevibile (in queste condizioni), Zanoli è ancora molto acerbo.

Dries sarà (non per colpa sua) l'immagine del flop scudetto del Napoli: e questa è storia...

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Un discorso a parte invece merita la cocciutaggine di Spalletti che ha deliberatamente ignorato un Dries Mertens tirato a lucido. Sono 11 i gol segnati dal belga in frammenti di gara. Eppure i numeri ci dicono qualcosa di più profondo. Ci dicono che considerando gli scampoli di partita che gli sono stati concessi, questa è stata la sua seconda miglior stagione di sempre con la maglia del Napoli dopo quella adamantina del 2017 (quando al collettivo di Sarri non bastava il pallottoliere per contare i gol). Tutti temevano il parallelismo tra Insigne e Totti, ma la verità forse è un'altra. È stato Dries, leader dello spogliatoio, a scontare la tassa-pupone. Marco Bucciantini, autorevole firma del nostro giornalismo sportivo, sostiene che Dries è il solo calciatore del Napoli che sia in grado di giocare con il "vento in faccia". L'espressione ha una sua prepotente portata lirica e dunque, bisogna provare a tradurla. Malgrado la carta d'identià, Mertens ha qualcosa in più degli altri. È il solo giocatore del Napoli che tecnicamente si può definire un piccolo fuoriclasse. Mertens è un maradonino dallo scavetto facile, è una storia d'amore e di arroganza ancora tutta da scrivere.Perché l'amore conosce solo un tempo, ed è il futuro.

Mertens e Osimhen insieme: lo studio sui numeri

mertens napoli

Ma lasciamo da parte i sentimentalismi e concentriamoci sui freddi resoconti dei numeri. Lui e Osimhen sanno come sfondare le difese. È un fatto inoppugnabile. Se i nostri calcoli non sono errati Mertens e Osimhen insieme hanno segnato 9 gol in 337 minuti.  Insomma, a questo punto la domanda sorge inevitabile: a cosa è servito sacrificare un calciatore di questo lignaggio sull'altare dell'equilibrio? A cosa è servito insistere su altri profili, visibilmente demotivati e in debito di ossigeno?

La spina della nostalgia

"Tutti riceviamo un dono. Poi, non ricordiamo più né da chi, né che sia. Soltanto ne conserviamopungente e senza condono la spina della nostalgia". Nel 1991 Giorgio Caproni - quello stesso Caproni che ha "terrorizzato" generazioni di maturandi - pubblica questi versi in Res Amissa, una delle pietre angolari del secondo novecento italiano. Concedeteci un'altra piccola digressione poetica. Sembrano versi perfettamente in linea con l'attuale momento del Napoli. La nostalgia di una gioia solo fugacemente assaporata è una spina velenosissima. È una ferita che giustifica il risentimento degli appassionati. Perché è un risentimento d'amore. Chi oggi celebra la qualificazione in Champions in un torneo che era ampiamente alla portata del Napoli (chi vi scrive lo aveva sommessamente anticipato il 15 agosto del 2021) mettendo contestualmente alla sbarra il pubblico e la sua presunta disaffezione - demonizzando peraltro la napoletanità - denuncia solo il proprio complesso di inferiorità. Quello di chi, pur non ammettendolo, vorrebbe essere nato altrove. Sono quelli che proprio come Arrigo Sacchi credono che se a Napoli non si vince è una questione di... "antropologia". Scusateci se vogliamo prendere le distanze da queste posizioni mortificanti. Questo rimpianto resterà nella storia. E no, stavolta non è colpa di Orsato...

A cura di Giovanni Ibello