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editoriali

Sarri non ha mai tradito il Napoli, ha tradito se stesso: e forse un rimpianto lo tormenta…

(Photo by Filippo Alfero - Juventus FC/Juventus FC via Getty Images)

Sarri non ha tradito il Napoli andando via: ha tradito se stesso e la sua missione nel calcio

Giovanni Ibello

Maurizio Sarri torna a parlare dopo 332 giorni di silenzio e, inutile dirlo, fa impazzire il web. La prima impressione - quella più fuorviante a dire il vero - è che l'ex tecnico del Napoli avesse più di qualche sassolino nella scarpa da togliersi. Visto e considerato che fino a poche settimane fa era sotto contratto con la Juve, il neo-laziale non poteva dare libero sfogo ai suoi pensieri. Eppure, imbeccato dall'amico Pedullà, Sarri conferma se stesso e ancora una volta parla senza troppe sovrastrutture.

Sarri torna a parlare: quanta malinconia nelle sue parole

 (Getty Images)

Ha detto a chiare lettere di aver bisogno di una squadra da allenare quotidianamente, di un gruppo affamato da forgiare a sua immagine e somiglianza. Insomma ha placidamente ammesso di non essere un gestore, caratteristica che lo esclude - a questo punto irreversibilmente - da qualsiasi top club europeo. Ha fatto un passo indietro e ricalibrato le sue ambizioni. Le grandissime squadre, quelle che collezionano campioni, hanno bisogno di una figura che a prescindere dall'impronta di gioco, vada a plasmare gli equilibri dello spogliatoio. La tanto vituperata bellezza diventa concretezza (e quindi diventa necessaria) solo quando bisogna colmare un gap tecnico.

Sarri non si diverte se non è il valore aggiunto

Sarri ha capito che può essere il valore aggiunto di quelle società che proprio come il Napoli, non avendo la possibilità di acquistare i migliori giocatori sulla piazza, vanno a surrogare il missmatch di talento con alchimie tattiche e perfetti automatismi. Perché nel mondo del calcio, fortunatamente, non tutto ha un prezzo.  La conoscenza per esempio è frutto di anni di studio: si acquista col sudore e non con la moneta sonante.

Le parole di Sarri su Cristiano Ronaldo? Un trattato sulla deriva del calcio contemporaneo. Da una parte c'è il personaggio, la multinazionale da 200 milioni di follower che fattura più di un club di Serie A. Dall'altra parte c'è la squadra, un gruppo di uomini che - anche se non suscettibili di valutazione commerciale - avranno sempre un valore, un significato maggiore rispetto alla "volgarità" dell'individuo (che, eccezion fatta per Maradona... da solo non vince mai!). E' difficile chiedere a una star di sacrificarsi come si potrebbe fare col giovane di belle speranze: è un fatto umano che va oltre il rettangolo verde. Ronaldo a parte, il rapporto tra Sarri e la Juve è finito ancor prima di cominciare. Per stessa ammissione dell'allenatore, a un mese dall'inizio del campionato le parti erano a un bivio: in altre parole, Sarri ha rischiato l'esonero a ottobre.

Sarri ha capito qual è la sua missione nel mondo del calcio: lo ha capito a fine carriera...

La verità è che dopo aver cercato vanamente l'eldorado, Sarri ha sentito la mancanza di un altro tipo di calcio; gli manca il Napoli tanto quanto, nelle ultime due stagioni, al Napoli è mancato lui. A due anni da quell'improvvido passaggio alla Juventus (scelta implicitamente vituperata nel collegamento di ieri) abbiamo capito che non è stato Sarri a tradire il Napoli, ma Sarri a tradire se stesso. Ha provato a essere quello che non è, quello che non sarà mai. Se Sarri è un grande allenatore è proprio perché ha le stimmate del maestro, non dell'amministratore di condominio. Ad ogni modo ora si aprono due nuove pagine e l'auspicio è che questo vecchio capitolo si possa definitivamente archiviare. Guardare malinconicamente al passato è il miglior stratagemma per rinunciare alla vita. E questo sì che è un delitto.

A cura di Giovanni Ibello

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