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editoriali

La polemica su Ancelotti mette a nudo i complessi di una certa stampa napoletana

Giovanni Ibello

Ancelotti a Napoli: numeri pietosi

Carlo Ancelotti vince con il suo Real Madrid e agguanta - con merito, ma anche con una certa dose di fortuna - la finale di Champions League. Anche se forse è inutile sottolineare ciò che ovvio, con il risultato dell'altro ieri una "certa Napoli" ha dimostrato ancora una volta tutti i suoi complessi di inferiorità verso l'eldorado del calcio italiano ed europeo. La domanda a questo punto sorge inevitabile: qual è il senso di celebrare le gesta di un allenatore che numeri alla mano in azzurro ha lasciato solo macerie? Partiamo da un piccolo presupposto. Il calcio è psicomagia, non sarà mai una scienza esatta. Il motivo è molto semplice: è uno sport praticato da persone sottoposte a grandi pressioni. Persone che al di là del talento devono sempre scendere a patti con le loro emozioni. E non sempre il più forte vince. Nella democrazia del fùtbol tutti hanno il diritto di esprimere la propria idea, per imbecille che sia. Ed è per questo che solo i numeri sono suscettibili di valutazioni che non sono contestabili.

Ancelotti a Napoli: numeri pietosi

Carlo Ancelotti è un grandissimo allenatore (non dobbiamo certo dirlo noi...), ma ha lasciato una squadra al settimo posto in classifica e a una distanza siderale dal primato. Proviamo ad andare a fondo della questione. Proviamo a parlare di cose non opinabili. Delle 73 partite in cui ha guidato il Napoli, Ancelotti ne ha vinte solo 38. La percentuale dei successi è bassissima, il dato non va oltre il 52%. Imbarazzante. E sarebbe meschino aggiungere, alla fredda evidenza di questi numeri, che solo un anno e mezzo prima quella stessa squadra - con un Jorginho in più - aveva ottenuto 91 punti in classifica (stracciando ogni sorta di record). Inoltre, Napoli a parte, a voler analizzare il percorso professionale di Re Carlo, la percentuale di successi conquistati all'ombra del Vesuvio è molto bassa se paragonata alle sue precedenti e sfolgoranti avventure: al Bayern Ancelotti ha raggiunto il 70% di vittorie, al al Chelsea il 61% , al Paris Saint-Germain il 64% . Al al Real Madrid (prima del suo ritorno, s'intende) aveva ottenuto il 74% di successi.

Allenare i top player è un altro sport: che senso ha fare le vedovelle?

Qualcuno potrebbe replicare dicendo che è più facile vincere quando si dispone di corazzate che possono monopolizzare il mercato. Difficile non essere d'accordo. Forse è proprio questo il nodo gordiano di tutta la vicenda. È assai probabile che allenare i top player sia un altro sport rispetto a quello "praticato" dai vari Gasperini, Sarri e Nicola.Gli approcci e le metodologie didattiche non possono essere le stesse. A parti invertite pure quei satanassi del gegenpressing andrebbero in crisi (e Sarri lo ha dimostrato quando ha firmato per la Juve). Ancelotti comprende le esigenze delle stelle, ma ignora quelle dei giocatori normali. Alla luce di questa premessa, secondo il parere di chi scrive è assurdo rimpiangere un uomo che oggi, molto banalmente, si sta esprimendo in un'altra dimensione. Una dimensione che non compete al Napoli. Quando è stato chiamato a districarsi nel "fango dei reietti" (la storia del Napoli ci parla di questo, di una squadra underdog) non è stato minimamente all'altezza del compito. Beninteso, qui nessuno dice che Ancelotti sia il solo responsabile del fallimento della sua parentesi napoletana. In questa sede si vuole discutere, molto semplicemente, di quella porzione di responsabilità da attribuire al tecnico. Un fatto che, a leggere le parole di tanti fenomeni, sembra non esistere. Avevamo il Cristo redentore e non ce ne siamo accorti. Avevamo il Cristo abbiamo scelto Barabba...

La polemica su Ancelotti mette a nudo i complessi di inferiorità di una certa stampa napoletana

Ancelotti a Napoli ha fallito miseramente. Siamo certi che conoscendo la sua onestà intellettuale, lo stesso allenatore, a domanda diretta, non avrebbe l'animo di negarlo. E anche qui a parlare sono i fatti. Il tecnico, interpellato in più di una circostanza sugli obiettivi stagionali del club, non ha mai nascosto le sue ambizioni. Aveva detto che "non era venuto Napoli per pettinare le bambole". Aveva dichiarato apertamente che era soddisfatto del mercato e che il Napoli, il suo Napoli, lottava per vincere lo scudetto.Ha chiuso settimo. Provate a chiedere ai bavaresi se oggi stanno rimpiangendo Ancelotti (esonerato anche dal Bayern). La verità è che questa polemica ci aiuta a capire quanto l'ambiente dei media napoletani - prima ancora del club - non sia pronto a sedersi al tavolo dell'èlite del calcio europeo. Ribadiamo il concetto: la polemica su Ancelotti mette a nudo i complessi di inferiorità di una certa stampa partenopea. In qualsiasi altra città del mondo si sarebbe detto che non è scoccata la scintilla, c'est la vie. Succede, il calcio è questo... un allenatore fa male e viene esonerato. Da noi non funziona così. Da noi la colpa è nostra a prescindere. Noi dobbiamo fustigarci e spargere il sale sulle ferite. Siamo colpevoli dalla nascita, quello che accade in tutto il mondo da noi deve necessariamente avere un significato mortificante.

A cura di Giovanni Ibello