Cari lettori di CalcioNapoli1926.it benvenuti nuovamente nella rubrica “THE WINNER IS”, quella che ha la scopo di decretare il “vincitore” della partita in base ad una serie di parametri molto variegati quali l’intelligenza, la bravura, il carattere, la tecnica, l’etica ma ci sarà anche spazio, lì quando ci sarà poco da gioire per la satira e l'ironia.
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THE WINNER IS – L’importanza di chiamarsi Carlo: ma a Napoli non basta più
E' Ancelotti il "vincitore" della settimana ma in generale della stagione: il suo nome altisonante inizia a non supportare più il campo
Un pessimo Napoli quello andato in scena ieri al San Paolo contro l'Atalanta. In uno stadio semivuoto il Napoli pare si sia comportato all'altezza dei paganti seduti: male.
Gli azzurri nelle ultime partite sembrano tanti cartonati senza carattere e personalità che si fanno sopraffare su ogni ambito: tecnico, tattico, motivazionale.
Eppure al San Paolo, giovedì scorso, le motivazioni c'erano eccome eppure il Napoli ha suonato la stessa identica musica: quella della sconfitta.
Un campanello d'allarme inizia a suonare.
Carlo Ancelotti sembra non riuscire più a riprendere la squadra, il turnover non basta più, così come il 4-4-2. Il tecnico sta provando ma senza risultati un po' come i propri giocatori che non sembrano affatto esprime un gioco né delle idee chiare e precise: sembra soltanto un attacco disperato alla porta avversaria e ciò è deprimente.
Il club ha avuto un'involuzione palese che è sotto gli occhi di tutti. E' pur vero che il Napoli è al secondo posto ma se si considera soltanto il girone di ritorno, la squadra di Ancelotti ha totalizzato soltanto 23 punti mentre Roma e Milan 25 punti, Torino 26, Atalanta 28 e ovviamente la Juventus si conferma con 34 punti.
Stando soltanto a questo secondo periodo il Napoli sarebbe sesto ma la classifica effettiva recita Napoli 67, Inter 61, Milan e Atalanta 56. Ciò però non dà conforto né speranza. La realtà è sicuramente questa e il Napoli è già piazzato per la Champions League dell'anno prossimo ma le ombre su questa squadra sono tante e troppe.
Sembra un Napoli fatto molte più di ombre che di luci. Questo Napoli non convince.
"L'importanza di chiamarsi Ernesto", così si intitola l'opera teatrale scritta da Oscar Wilde. L'opera narra di Jack Worthing, un uomo elegante ma di cui non si conoscono i natali e del proprio amico Algernon Moncrieff. Jack va in città per frequentare la tanto ambita borghesia ma ritenendo il suo non un nome interessante si battezza e si presenta alla cugina del compare come "Ernest". In seguito anche l'amico raggiungerà Jack e si fingerà suo fratello.
L'opera prende piega su queste menzogne e quindi è un susseguirsi di intrighi e scambi vari ma alla fine c'è un incredibile colpo di scena: si scopre che Ernest è veramente di nobili origini e non un povero qualunque. E il suo nome? Si chiama davvero Ernest! (Così come Algernon è davvero suo fratello)
Dunque quanto è importante chiamarsi Carlo Ancelotti?
Quanto è importante, ad oggi, avere un nome e un cognome come il suo che precedono quasi il campo? I trofei parlano per lui, mentre lui se ne sta come sempre in silenzio, diplomatico in panchina.
Eppure pare che quest'importanza, questa fortuna del chiamarsi Carlo Ancelotti non basti più. Alla città di Napoli non basta più un nome. Intanto però se ne invoca un altro: "Sarri uno di noi", così ha esclamato ieri sera uno striscione al San Paolo.
di Claudia Vivenzio
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