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Serie A, quando il termine “calcio” fa spazio al razzismo: una piaga da debellare

Serie A, quando il termine “calcio” fa spazio al razzismo: una piaga da debellare

Il calcio e il razzismo, un odioso connubio che il 2019 dovrà puntare a far sparire del tutto.

Redazione

C'erano una volta un campo da calcio, uno stadio, una squadra composta da 11 calciatori, un allenatore e infine un direttore di gara. E' tempo di partita, lo stadio comincia a riempirsi in attesa del fischio d'inizio, gli spalti brulicano di passione, colori, cori che incitano i calciatori, un settore ospiti stracolmo di tifosi pronti a far sentire la loro infinita passione anche se i supporters di casa sono 10/20 volte superiori di numero. La partita inizia, si respira un'aria di festa, di tifo assordante e incessante come non si era mai visto prima e qualche sfottò che fa da cornice ad una bellissima giornata di sport.

Tutto questo, però, al giorno d'oggi fa parte (non in tutti i campi per fortuna) solo del passato: quante volte i nostri padri, nonni, ci hanno raccontato di stadi stracolmi di tifosi, di 90000 spettatori a partita anche se l'avversario di turno lottava per la Serie B? I racconti, quasi fiabeschi diciamo, non si contano ma è un peccato che tutta la magia del calcio italiano che ogni appassionato "old style" ricordi, sia andata man mano scemando, facendo spazio a razzismo di ogni tipo; i cori contro i napoletani che non vogliono saperne di cessare, ma anzi aumentano a dismisura. Gli squallidi buu razzisti per il colore della pelle a Koulibaly (in Lazio-Napoli e non meno di un mese fa in Inter-Napoli) in passato ad Eto'o, l'ex calciatore del Messina, Zoro, Kevin Prince Boateng e chi ne ha più ne metta.

UNA PIAGA DA ESTIRPARE IL PIU' PRESTO POSSIBILE

L'aria che si respira nel calcio italiano è pesante, inquinata da polemiche continue sugli arbitraggi, tra dirigenti e calciatori all'inizio e alla fine di ogni partita. Quella signorilità, sportività che tanto veniva agognata nei lontanissimi - purtroppo - anni 80 e 90, è ormai andata del tutto perduta facendo spazio a eccessive rivalità anche tra club ormai - orientati a denigrarsi tra loro, sminuendosi a vicenda - a un odio viscerale che ogni settimana viene vomitato contro i napoletani in quasi tutti gli stadi del "BelPaese" facendo spesso e volentieri sentire questi ultimi in un altro paese (ma la vogliamo finire o no?). Il calcio, il calcio e lo chiamate ancora così? Non si può più considerare tale: l'odioso razzismo che ancora nel 2019 si respira verso Napoli e soprattutto verso alcuni calciatori di colore (molto più se indossano la maglia azzurra) è giunta l'ora che in questo 2019 venga debellato completamente. Non si può morire per una partita di calcio (Belardinelli e il suo fare l'eroe insegnano) non è ammissibile che nel 2019 si rischi la vita solo per andare a vedere i propri "eroi" calcare il rettangolo verde, non si può più tollerare questo assurdo clima di intolleranza, disuguaglianza e di razzismo militante che ha reso il calcio italiano una zona di "guerra". Il 2019, che è appena iniziato, ci auguriamo tutti noi che possa essere l'anno in cui il calcio possa ritornare ad essere tale, a maggior ragione dopo l'ennesima pagina nera scritta a San Siro con conseguente morte di un tifoso. Il buon Gravina ora si metta all'opera, lasciandosi alle spalle dichiarazioni e promesse, è tempo di agire, è tempo di lottare tutti per un calcio migliore.

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