«Juve, per te metto anche giacca e cravatta». Maurizio Sarri si prepara alla svolta della carriera, si avvicina alla panchina di quella che è stata la grande nemica ai tempi del Napoli ed è pronto alla rivoluzione anche nell’abbigliamento. Niente più tuta, «se la società mi imponesse di andar vestito in altro modo, dovrei accettare». Il Comandante si racconta a Vanity Fair, in edicola oggi, ed è un affresco a 360 gradi dell’allenatore, che lui definisce «un uomo solo», che ha appena trionfato in Europa League. Lo stile, certo: «Mi fanno tenerezza i giovani colleghi del campionato Primavera che portano la cravatta su campi improponibili. Mi fanno tristezza, sinceramente. La tuta l’ho messa perché è una scelta logica, non estetica». Ma c’è molto di più, a cominciare dalla ragione profonda per cui ha deciso di lasciare il Chelsea dopo una sola stagione. «Per noi italiani il richiamo di casa è forte. Senti che manca qualcosa. È stato un anno pesante. Comincio a sentire il peso degli amici lontani, dei genitori anziani che vedo di rado. Ma alla mia età faccio solo scelte professionali. Non potrò allenare 20 anni. È l’anagrafe a dirlo. È roba faticosa, la panchina. Quando torno a casa in Toscana mi sento un estraneo. Negli ultimi anni ci avrò dormito trenta notti». Vuole alzare questa media, Sarri. E se il rientro in Italia lo porterà a guidare la Juve, c’è un messaggio forte per Napoli e i suoi tifosi. «I napoletani conoscono l’amore che provo per loro, ho scelto l’estero l’anno scorso per non andare in una squadra italiana. La professione può portare ad altri percorsi, non cambierà il rapporto». La fedeltà non c’entra. Cds
ultimissime calcio napoli
Sarri: "E per la Juve mi toglierei la tuta"
Sarri: «E per la Juve mi toglierei la tuta»
© RIPRODUZIONE RISERVATA