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Ha parlato ai microfoni del Corriere della Sera il tecnico della Sampdoria, Marco Giampaolo. Ecco le

Ha parlato ai microfoni del Corriere della Sera il tecnico della Sampdoria, Marco Giampaolo. Ecco le

Ha parlato ai microfoni del Corriere della Sera il tecnico della Sampdoria, Marco Giampaolo. Ecco le sue dichiarazioni: La sua Samp è prima in classifica. «Due vittorie non significano nulla. Sono servite a lavorare più serenamente...

Redazione

Ha parlato ai microfoni del Corriere della Sera il tecnico della Sampdoria, Marco Giampaolo. Ecco le sue dichiarazioni:

La sua Samp è prima in classifica.

«Due vittorie non significano nulla. Sono servite a lavorare più serenamente durante la sosta, quello sì».

Si ricomincia sabato con Schick dall’altra parte. Nella Roma giocherà ala, lei però ha detto che quella non è la sua posizione.

«Ho espresso una mia opinione, poi voi giornalisti ci avete ricamato sopra. Ho detto che può giocare in diverse posizioni della linea d’attacco, ma sempre con la porta dritta davanti a sé. Confermo: per me non è un’ala. Giocatore pazzesco, mai banale, quando calcia è sempre gol. E dire che un anno fa non se lo filava nessuno. Aveva bisogno di crescere muscolarmente, era acerbo. Ma fortissimo. Sa chi se ne accorse per primo?».

Chi?

«Antonio Cassano. Un pomeriggio viene da me e mi dice: mister, questo è forte forte».

Sorpreso dalla vicenda di Verona?

«Non si entra nella testa di un uomo. Di lui però una cosa l’ho capita parlandoci ore e ore: è un intenditore di calcio».

Il prossimo Schick come si chiama?

«David Kownacki, il polacco. Vent’anni, diverso da Patrik ma potenzialmente fortissimo. Nel medio periodo esploderà».

E il suo invece, di futuro? Ci disse che sul comodino del letto aveva un manuale d’inglese. Poi scelse la Samp. Perché ha cambiato idea?

«Io vado dove c’è un progetto. Qui c’è. Se mi chiede dove sarò domani non glielo so dire, prima di tutto perché non m’interessa: in quanto uomo di mare, sono fatalista. E poi a 50 anni una cosa l’ho capita: ciò che è certo oggi non lo è più domani. Comunque io qua sto benone, c’è il mare, e uno stadio pazzesco. A volte lì dentro succede qualcosa di metafisico».

I suoi 50 li ha festeggiati con un’amichevole contro Mourinho. Chi è il migliore al mondo?

«Per l’arte comunicativa senz’altro lui. Guardiola è un magnifico ideologo. Allegri un gigante della gestione delle pressioni, Spalletti pure. Sarri è un maestro di calcio. Dipende cosa intendiamo, secondo me il migliore non esiste perché poi c’è di mezzo la qualità individuale dei calciatori. Faccio un esempio: Sarri all’Empoli fa 40 punti, al Napoli 90. Pensate sia diventato bravo adesso? No, lo era già prima, ma non aveva quel materiale a disposizione».

Molti suoi colleghi dicono che lei è bravissimo. Perché?

«Non lo so, chiedetelo a loro».

Come si vedrebbe da commissario tecnico?

«Non mi sembra corretto rispondere in questo momento perché c’è un collega che sta portando avanti un lavoro durissimo. Il mio è un punto di osservazione esterno e di rispetto perché quella del c.t. è una missione. Storica, direi. Avete visto la Spagna? Lì non c’entra il calcio, è cultura. Lì al centro di tutto c’è l’idea, oltre alle qualità dei singoli che la possono migliorare: io calciatore sono protagonista del gioco, si nasce già con questo tipo d’impostazione e quando ci si ritrova in Nazionale ci si riconosce in un lavoro che ha origini lontane, ma comuni. E a un calcio che prima di ogni cosa è culturale non si arriva da soli e in poco tempo».

Le piace la Var?

«Da morire, è l’invenzione del secolo, un antidoto alla cosiddetta sudditanza psicologica e, si spera, alle polemiche. Vedo arbitri più tranquilli, meno soli, e anche la gente osserva, da casa o allo stadio, con maggior serenità. Chiaramente va calibrata, va misurata sulla lunga distanza per avere una letteratura, una casistica più ampia e completa, ma credo che anche tecnicamente possa migliorare il calcio. Con la Var si può giudicare diversamente in area, quindi aumenteranno i rigori assegnati: tutto ciò porterà le squadre, grandi e piccole, a interpretare la gara in maniera diversa, a difendere più lontano dall’area, a giocare di più. Migliorerà lo spettacolo e quindi il gioco».

Chi vince il campionato?

«Il Napoli è la squadra che s’è rafforzata di più perché non ha cambiato nulla e perché Sarri ha un anno di più di lavoro. La Juve il settimo scudetto dovrà sudarselo come non mai. Un filo dietro Milan, Roma e Inter sullo stesso piano».

Sacchi dice che lei è uno dei migliori. Pensa mai che avrebbe potuto avere una carriera migliore?

«Dieci anni fa mi davano del finito, io non l’ho mai pensato. Il calcio è una giostra di risultati, l’importante è avere la consapevolezza della propria passione, delle proprie convinzioni, e della voglia di continuare a costruire mettendosi in gioco a qualsiasi livello. Punto».

Adesso cos’ha sul comodino? «Cinque o sei libri, tutti a metà. Due romanzi di De Giovanni, “Sette brevi lezioni di fisica” di Rovelli, i “Duellanti” di Condò, e il mio solito Sepulveda, “La fine della storia”». Calciomercato24.