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Da Reja a Gattuso, quanti allenatori hanno saputo dare ‘un’anima’ al loro Napoli? – IL FOCUS

Da Reja a Gattuso, quanti allenatori hanno saputo dare ‘un’anima’ al loro Napoli? – IL FOCUS

Qual è il male di questo Napoli? Sempre che ci sia un male, da cosa dipendono questi alti e bassi della squadra di Gattuso? C’è chi pensa a giocatori con caratteristiche talmente diverse da non amalgamarsi perfettamente, chi vede una...

Gerardo Di Lorenzo

Qual è il male di questo Napoli? Sempre che ci sia un male, da cosa dipendono questi alti e bassi della squadra di Gattuso? C'è chi pensa a giocatori con caratteristiche talmente diverse da non amalgamarsi perfettamente, chi vede una mancanza di anima nei calciatori, chi critica lo stesso mister per le  lacune tecnico tattiche della squadra. In questa analisi chi vi scrive vuole ripercorrere le tappe del Napoli suddividendole in base ai mister che si sono succeduti sulla panchina, cominciando da Edy Reja. Il suo Napoli è una squadra under costruction, partita da zero, con poche risorse economiche ma tanta voglia di risorgere.

Il credo del mister è il 3-5-2, con una squadra che mostra equilibrio (con qualche discreto interprete e nulla di più) e lotta su ogni pallone. Da qui ricomincia la storia del Napoli. E' la stagione 2004/2005 quando Edy Reja sostituisce sulla panchina degli azzurri Gianpiero Ventura per un Napoli che non decolla. I nomi dei calciatori che maggiormente si ricordano sono il Pampa Sosa, Calaiò e Grava. Nella stagione 2005-2006 i partenopei guadagnano la promozione in serie B e scoprono un grande capitano, un condottiero, un uomo squadra: Francesco Montervino. Nel 2006-2007 spunta il nome di Paolo Cannavaro in un Napoli che si guadagna la serie A, con una squadra che inizia ad avere anche un buon tasso tecnico.

La storia del Napoli da Edy Reja

Ma quel Napoli era affamato di vittorie anche spesso tardano ad arrivare, tuttavia dal campo escono guerrieri tra gli applausi del pubblico. 2007-2008, azzurri finalmente in A ed una squadra che si forma con i primi nomi che contano: Marek Hamsik, Ezequiel Lavezzi, Walter Gargano, Marcelo Zalayeta. Si vede gioco, spettacolo, uno spogliatoio unito. Il Napoli arriva ottavo in classifica ed è l'inizio della nuova era. Campionato 2008-2009, il Napoli torna in Europa dopo 14 anni accedendo al primo turno di Coppa Uefa.

Il mercato porta Denis in attacco, Aronica in difesa e Maggio a centrocampo. Approdano al Napoli alcuni nomi indimenticabili. Il girone di andata porta i partenopei a sfiorare la zona Champions, mentre incredibilmente, il girone di ritorno è da retrocessione e porta il cambio di allenatore: arriva Roberto Donadoni. Ciò che maggiormente stupisce è che nel momento in cui il Napoli rischia di tornare in B, si sono messi in luce i calciatori che provenivano dalla serie C (Pià, Bogliacino, Amodio, Grava e Montervino). La vecchia guardia, quella dei lottatori, non muore mai.

Donadoni dura poco ed arriva la rivoluzione: inizia il ciclo di Walter Mazzarri, uno tra i più belli. Il Napoli si rinforza e tra i nomi di maggior rilievo ci sono Morgan De Sanctis, i difensori Hugo Campagnaro e Camillo Zuniga, il centrocampista Luca Cigarini e Fabio Quagliarella. Un Napoli veloce in ripartenza e un gioco corale in cui tutti difendono e tutti attaccano, con le fasce che acquisiscono un ruolo fondamentale. I partenopei si fanno valere in Europa battendo squadre blasonate come il Chelsea.

C'è un organico degno di rispetto, uno spogliatoio compatto e bel gioco. Passano anni con Mazzarri e il Napoli porta in bacheca una Coppa Italia e approda in Champions League. Il suo credo calcistico era il 3-5-2. Intanto nel Napoli mazzarriano spunta il nome del matador Cavani e i primi posti in classifica. I partenopei tornano stabilmente nel gotha del calcio italiano.

Dopo l'addio del c.t., serve un nome in grado di promettere l'ulteriore salto e che facesse sognare la piazza: campionato 2013-2014 arriva Rafael Benitez e con lui Higuain, Albiol e Callejon. L'arrivo del Pipita rende meno amaro l'addio del Matador. Il progetto c'è, la rosa è tra le migliori e l'esperienza di un grande allenatore è un elemento aggiuntivo. Cambia il modulo, si passa al 4-2-3-1 con un Napoli che vuole imporre il suo gioco e non limitarsi ad attendere e ripartire.

Il Napoli di Benitez esprime un calcio come poche squadre in Europa

Gli azzurri non sono costanti e passano da stupende prestazioni ad altre inguardabili, mentre in coppa esprime un calcio come poche altre squadre a livello europeo. Il ciclo di Benitez porta una Coppa Italia ed una Supercoppa Italiana. Il Napoli continua a non vincere il campionato, ma ottiene risultati nelle coppe, anche internazionali. Campionato 2015- 2016, arriva Maurizio Sarri e il suo Napoli diventa il più bello di sempre, batte tutti i record, ma senza titoli. Questo è l'unico rimpianto, eppure gli azzurri ci andarono davvero vicino. 4-3-1-2, col trequartista dietro le punte. Velocità, possesso palla e cecchini sotto porta. Era il credo del mister.

Tanto spettacolo, bel gioco da fare invidia in tutta Europa, ma zero titoli. Campionato 2018-2019, c'è Carletto Ancelotti perché Sarri va via. E' il Napoli di un nuovo ciclo che richiede tempo e pazienza. Parte un nuovo progetto. Gli azzurri si fanno valere in Europa ma  la Juve in campionato ha una marcia in più. Il campionato successivo, 2019-2020, quello che avrebbe dovuto promettere la vittoria, vede gli azzurri come una squadra che col passare delle giornate mostra limiti, è sfilacciata, non ha un gioco e lo spogliatoio scricchiola pericolosamente.

Il patron De Laurentiis deve intervenite e a malincuore esonera Ancelotti. Arriva Gennaro Gattuso. Ringhio non ha tempo di pensare a schemi o tattiche, c'è da portare a termine un campionato quantomeno salvando la faccia con un minimo di dignità. Indecisione tra un 4-3-3 e un 4-2-3-1. Il Napoli trova lo spirito di squadra ed un minimo di gioco; mostrando orgoglio e rabbia conquista la Coppa Italia.

Arriviamo ai giorni d'oggi, gli azzurri non hanno continuità. Spesso sembrano lenti e quindi prevedibili, titubanti come se non avessero le idee chiare su cosa fare; timorosi anche perché ogni minimo errore lo pagano a caro prezzo. A peggiorare la situazione ci sono partite in cui il Napoli risulta non pervenuto. Un Napoli disunito che come burro lascia penetrare gli avversari e con estrema difficoltà cerca di proporre trame di gioco sterili, con un possesso palla orizzontale sterile.

Un Napoli impacciato, non sempre ma abbastanza per poter spaventare il popolo azzurro. Un Napoli apparentemente in ripresa che cade in Supercoppa Italiana contro una Juventus che ha fatto poco o niente ma che è bastato contro il nulla del Napoli che pur ha dimostrato di poter far male ogni volta in cui ha deciso di provarci. E' un Napoli che potrebbe tanto come collettivo, al netto di distrazioni individuali, di amalgama, di timori e di problemi tecnico-tattici che comunque ci sono e sui quali Gattuso dovrebbe riflettere.

E' un Napoli troppo rimaneggiato da assenze importanti lungo tutto il cammino e che oggi vede ancora fuori Osimhen, Fabian Ruiz (anche se quello vero manca oramai da molto prima della positività al Covid) e Mertens ancora acciaccato. E' un Napoli comunque terzo in classifica, a sette punti dalla prima con una partita da recuperare. E' un Napoli in cui bisogna ancora credere... fino alla fine!