Per cominciare: ma quando nasce in De Laurentiis la “pazza” idea Ancelotti?
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De Laurentiis al CDS: “Il mio Carletto resta sei anni. Sarri? ad un certo punto è diventata solo una questione di danaro…”
Per cominciare: ma quando nasce in De Laurentiis la “pazza” idea Ancelotti? «Erano anni che avevamo contatti telefonici, ogni tanto Carlo si informava di nostri calciatori e io con lui dei suoi. Mi aveva colpito il suo equilibrio ma anche la...
«Erano anni che avevamo contatti telefonici, ogni tanto Carlo si informava di nostri calciatori e io con lui dei suoi. Mi aveva colpito il suo equilibrio ma anche la sua educazione, perché quando intuiva che non ci sarebbero stati margini per trattative non insisteva».
E poi arriva maggio 2018...
«Gli ho telefonato quando ho capito che ormai si era chiuso un ciclo e lui, senza avere tentennamenti, con una una serenità che ho colto e apprezzato, mi ha detto: vediamoci».
Il capolavoro di De Laurentiis si chiama Ancelotti?
«Sono fiero di aver individuato un uomo del suo livello, non solo professionale. Io credevo, tre anni fa, di aver incontrato un allenatore che sarebbe rimasto qua per un lungo periodo, ma ad un certo punto è diventata solo una questione di danaro...».
Ci mancava Sarri...
«Tenga presente che noi eravamo già passati da 700.000 euro a 1.550.000. Poi una volta ho sentito dire: al prossimo accordo voglio arricchirmi. E mi sono chiesto: allora le dichiarazioni sull’amore per la città? Io ci avevo creduto, però poi mi sono domandato: e se mi stesse usando come sponda?».
Ma con Ancelotti la scintilla quando c’è stata?
«La negoziazione più rapida dei miei circa quindici anni di calcio. Poi è venuto un avvocato, bravissimo, e sono stati sufficienti altri cinque minuti a me e a Chiavelli, l’amministratore delegato, per definire ogni dettaglio».
E ora?
«L’altro giorno Carlo era a Ischia, mi ha telefonato entusiasta: Aurelio, io qui ci potrei restare anche sei anni».
Anche Napoli-Liverpool l’ha vista in tv, non è ancora stato al San Paolo e chiederle quando ci tornerà è obbligatorio.
«Ma sono stato a Belgrado, due volte a Torino in sette giorni e sarò a Parigi. E poi, quando avrò capito che, collaborando, sarà possibile riportare quell’impianto al livello attuale del Napoli e della bellezza della città, allora ne riparleremo. E non mi dica che sono un utopista».
Utopia per utopia: ma lei crede ancora che il campionato sia aperto?
«E lei pensa che dopo otto giornate sia chiuso? Ci sarà un momento in cui anche la Juventus potrà rompere? Io penso che sognare di vincere sia possibile, sia nelle corde di questa società che ha fatto passi da gigante e che si è consolidata a livelli internazionali. Gli olandesi dicono che rappresentiamo un valore da 400-450 milioni, io ritengo che questo Napoli oscilli intorno al miliardo di euro: c’è un lavoro capillare, spalmato giorno dopo giorno e affrontato con il cuore, che ci ha portato sin qui».
Strano, non s’è lamentato del calendario della Juventus: una volta, tanti anni fa, dalla rabbia se ne andò via su un motorino.
«Ho pensato che fosse uno stimolo e che, superando le prime giornate in cui noi abbiamo incontrato avversari più difficili e gli altri quasi nessuno, ci saremmo trovati nel posizione di chi sta lì ad aspettare le difficoltà altrui. Ora il livello si è alzato, ci sono squadre come la Spal, il Parma, la Sampdoria che giocano bene».
E lei tra Inter, Roma, Milan e Lazio, oltre alla Juventus, chi teme?
«Io mi godo l’evoluzione del Napoli, provo a immaginare le difficoltà che ci attendono e la tipologia di squadra che andiamo costruendo per superarle. E poi, si sa, la verità del campo viene fuori a marzo».
Insigne è diventato il giocatore italiano più forte?
«Non mi ha stupito. E’ un prodotto del Napoli e di Napoli, città complicata nella quale è più difficile che altrove essere profeta in Patria. Un altro, al suo posto, avrebbe potuto dire: ma chi me lo fa fare? E invece ha dimostrato di essere uomo, ha una testa per ragionare. E per me è uno di famiglia».
Il prossimo rinnovo sarà Zielinski?
«Quella di Piotr è una partitura ancora tutta da scrivere e da immaginare. Il vero Zielinski non è stato ancora visto appieno e codificato del tutto e questa altalena forse genera in lui un’insicurezza a cui saprà ovviare».
Siamo a tre lustri di De Laurentiis...
«Settembre 2004 è stato il momento magico di questa epoca: aver rilevato il Napoli dal fallimento, averlo portato dove siamo, con l’ammirazione internazionale e un futuro che ci aspetta».
Lo immagina?
«Le ho detto: vincere in Italia e in Europa».
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