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Noi odiamo la parola con la N

juan jesus acerbi
L'Italia è il Paese delle supercazzole e questo - come si suole dire - "ci si sa"; ci eravamo tutti illusi che qualcuno potesse aver aperto gli occhi su una dinamica chiara, invece ha di nuovo vinto il burocrate che è in noi
Mattia Fele
Mattia Fele Editorialista 

Come se fossimo a corto di figure barbine cosmiche e universali, in Italia si è ben deciso di non punire Acerbi dopo la controversia razzista con Juan Jesus durante Inter-Napoli. Lo ha stabilito il Giudice dopo l'approfondimento disciplinare da parte della Procura federale, sulla base di un'interpretazione evidentemente giudicata poco chiara dell'accaduto. Ti faccio nero o sei solo un negro. Perché il razzismo si basa sulle parole e non sul pensiero di fondo, no? Il burocrate che è in noi ha preferito svolgere l'esegesi dei labiali e la parafrasi del turpiloquio piuttosto che fiondarsi con forza a difesa del ferito, che è Juan Jesus. Un ragazzo che per nessun motivo potrebbe aver inventato di sana pianta un'espressione del genere. Nessuno gradirebbe ricevere una frase così neanche per gioco. Di fatti, ci sono pochi dubbi sul fatto che quel pensiero Acerbi lo abbia espresso in parole e che ciò che il brasiliano ha percepito sia veramente successo. Mettetevi l'anima in pace, detrattori del "politicamente corretto" - come a voi piace chiamare il modo giusto e inoffensivo di usare la lingua italiana - Acerbi è stato razzista. A chi scrive, come spero a chi legge, non sarebbe mai venuto in mente il colore della pelle anche all'apice del nervosismo.

Parole e immagini

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Che il difensore dell'Inter pensi realmente che l'etnia caucasica sia superiore per genetica ovviamente è assurdo e improponibile nel 2024, ma questo non significa che non si sia comportato da razzista. È razzismo anche non sedersi in metropolitana accanto a qualcuno ritenuto sospetto per la pelle olivastra. Lo è anche scherzarci su, ritenerlo minimamente importante o un episodio goliardico. La Storia va avanti e anche gli astrattismi, i concetti si evolvono. Si è evoluto l'amore, l'amicizia, la civiltà tutta. Gli -ismi riguardano le persone e i loro modi di viverli. Nel mondo ci si è così tanto isolati nel sé che abbiamo dimenticato che a contare, nell'interazione umana, è la reazione degli Altri. Sono loro ad essere al centro del processo comunicativo. Sono i nostri destinatari. Non conta nulla il pensiero di chi utilizza certe parole, bensì la sensibilità di chi le ascolta. Perché sì - è chiaro - le parole di per sé sono forme e non hanno nulla di offensivo.


Proprio per questo in Italia non cresceremo mai. Il nostro modo di governare, di vivere le Istituzioni (scuola, Camere, governi regionali, amministrazioni di vario genere) si basa esclusivamente su una forma morta, un involucro vuoto di senso. Così il Giudice, pur sapendo i fatti e avendone un'idea ben chiara, non ha potuto punire Acerbi dando un segnale al mondo per puro burocratese. La lingua funzionaria che non funziona. Noi odiamo chi usa la parola con la N. Come la parola con la F riguardo agli omosessuali, la parola con l'H riguardo alla disabilità e ce ne sarebbero milioni. E c'è bisogno di punizioni forti non perché stiamo diventando tutti più sensibili ai verbi e ai sostantivi, ma perché è corretto proteggere le minoranze (senza ghettizzarle ancor di più, questo mai ndr). In questo caso, il mondo del calcio si è stretto intorno a Juan Jesus e l'Italia sportiva no. E ci sorprendono ancora le scene quotidiane in strada, nei licei, negli stadi tra i tifosi?

In tutto ciò, ieri Vinicius (un calciatore tra i migliori al mondo, che potrebbe strafregarsene di qualsiasi voce fuoricampo e vivere la sua vita in mezzo a case, libri e fogli di giornale) ha pianto in conferenza stampa dal ritiro del Brasile. Ha pianto. Un ragazzone che ha tutto, fama e stima. Non ce la fa più. Può darsi allora che la sensibilità abbia un senso e un valore in questo mondo? O dobbiamo così individualizzarci, al punto da dimenticare di essere diversi dalle Bestie perché pensiamo, creiamo società e produciamo in base alla ragione? Una civiltà che si rispetti ha da proteggere qualunque individuo che ne faccia parte. Poi - per non voler escludere nulla - c'è pure chi pensa che a protagonisti contrari magari ci si sarebbe mossi diversamente. Per dare ancora e sempre l'idea di una Milano che integra (forse lo fa più di Napoli a livello lavorativo, ma per mere questioni economiche) e di una Napoli che si lamenta. Ma non vogliamo troppo addentrarci in polemiche facilmente smontabili. Ciò che è incontrovertibile in questa storia è che il mondo sta andando - finalmente - verso una sensibilizzazione verso le minoranze sociali, etniche etc e che l'Italia deve assolutamente adeguarsi in ognuno dei suoi organi. Tutti quanti. Che Acerbi sia razzista o meno a casa sua e nella sua mente poco importa, conta piuttosto che sappia interagire con il prossimo rispettandolo, specie per il ruolo che ricopre e per la visibilità che ha. La stessa di Vinicius, per il quale ieri sono piovute assurde critiche. Sapete perché? Perché ha smosso qualcosa. Con un coraggio e un'onestà che in Italia non abbiamo le palle di esibire in nessun contesto.

 

A cura di Mattia Fele

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