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Un’equazione perfetta

Un’equazione perfetta

Un'equazione perfetta quella studia e messa in campo da Carlo Ancelotti in occasione di Napoli-Liverpool

Redazione

Il calcio non è una scienza esatta, ma un'equazione perfetta. Un'operazione matematica che negli esercizi svolti da Carlo Ancelotti ha come risultato 3.5, precisamente il numero dei difensori schierati in campo nella complicata gara contro il Liverpool. La sua formula perfetta, infatti, ieri sera l'ha giustificata Nikola Maksimovic, che da subalterno in panchina è diventato il punto nevralgico della strategia adottata dal tecnico azzurro per limitare e annichilire la corazzata di Jürgen Klopp.

Quel 3-5-2, in corso d'opera 3-4-2-1, ha nuovamente sorpreso non appena schierato in campo: l'abitudine allo stravolgimento continuo e alla valorizzazione pratica di tutti gli uomini a disposizione non è stata ancora assorbita completamente. Ma Ancelotti, non sia dimenticato, è l'allenatore che ha alzato al cielo la Decima con il Real Madrid, per dirne una: sa inventare più di qualcosa.

Dopo la partita del Napoli contro la Juventus, aveva dichiarato che avrebbe riguardato in bacheca la coppa del 2003. Non sono state parole cadute nel vuoto. In campo, ieri sera, non c'era quel decisivo Andriy Shevchenko ma c'erano gioco, strategia, concoretezza, corsa e densità. I due terzini nell'operazione scritta da Carlo Ancelotti si sono mossi come delle parentesi graffe, allungandosi oltre la metà campo ma pronti a tornare indietro con un piede, quando timidamente e smorzatamente il Liverpool cercava di presentarsi dalle parti di Ospina con Firmimo e Salah. Già, Salah. Dell'egiziano dai 32 gol stagionali in Premier League si è intravista solo la polvere che Koulibaly gli ha seminato intorno, bloccandogli ogni accesso alla zona rossa vigliata dall'estremo difensore colombiano.

Il polmone in più, ancora una volta, è stato quello di Allan. Ogni giocata del centrocampista brasiliano, una vera e propria barriera che ha arginato fisicamente i Reds, porta con sé un nuovo punto interrogativo alla domanda principale: quanti km deve ancora percorrere prima che Tite lo ritenga degno della Nazionale brasiliana?

Solo il commissario tecnico verde-oro non riesce ancora a notare la sua indistruttibilità. Ma prima o poi dovrà arrendersi, alla stregua della Roja, che non ha potuto evitare di richiamare a sé José Callejon. D'altronde, quando lo spagnolo è sulla fascia, si tratta di una parola d'onore rispettata: l'assist arriverà, così come l'apertura perfetta. E'accaduto anche ieri sera, e Insigne avrà ringraziato.

Dopo un primo tempo alla disperata ricerca della rete, nel dialogo e nello scambio continuo con Milik, l'attaccante napoletano ha punito, come sua abitudine, Klopp con una rete che ha consegnato al Napoli la vittoria che ha meritato.

Si è rivisto anche Marek Hamsik, nella sua versione stagionale migliore, davanti alla difesa, a fare da guardia agli stopper, ma anche qualche metro avanti a girare la sfera nella direzione giusta.

"Noi abbiamo fiducia. Sappiamo quello che possiamo fare, e lo faremo", aveva detto Ancelotti in conferenza stampa. Sincero e netto, aveva annunciato che quel 5-0 estivo l'avrebbe utilizzato da lezione per tutto ciò che non andava ripetuto. Klopp gli ha creduto a metà, perché in fondo sapeva di non potersi fidare. Col sorriso sornione nella sua di conferenza stampa aveva definito l'ex Milan come una volpe, e per questo non gli aveva lasciato nessun indizio di formazione. Tuttavia la sua sensazione era quella di non dover assistere a un duro colpo, ancora una volta seduto accanto al custode del San Paolo. D'altronde i suoi Mané, Firmino, e Salah sono stati gli eroi di Kiev, coloro che hanno raggiunto le 50 reti nelle ultime 16 gare di Champions League. Nessuno avrebbe osato pensare a un sovvertimento così totale delle statistiche, che hanno bilanciato in negativo l'andamento, portando addirittura a 0 la lancetta delle occasioni chiare create contro il Napoli.

Insomma, Carlo Ancelotti ha preso sotto braccio Jürgen Klopp e gli ha spiegato che il suo Napoli può annullare anche il Liverpool, se fa quello che meglio gli riesce: giocare a calcio. Poi ha alzato il sopracciglio per capire se tutti avessero recepito la lezione: le Coppe non si vincono mai per caso. Perché il calcio non è scienza, l'abbiamo detto, ma strategia con una percentuale d'errore bassa, se ti chiami Ancelotti. Tuttavia, siccome anche lui è umano, un rimpianto resta. Si chiama Belgrado. Di cosa staremmo parlando, se Insigne l'avesse messa dentro anche lì?

di Sabrina Uccello

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