Raccogliere un'eredità non è mai facile, soprattutto quando chi ti ha preceduto ha fatto particolarmente bene. Uno dei compiti più difficili per Carlo Ancelotti, fino ad adesso, è stato proprio riuscire a districarsi tra la nostalgia per il calcio spettacolare proposto dal predecessore Maurizio Sarri e le lamentele dei tifosi che hanno temuto e temono le conseguenze del cambiamento.
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Dichiarazioni, scelte e cambiamenti: l’intelligenza sopraffina di Carlo Ancelotti
Un'analisi sul comportamento di Carlo Ancelotti e le sue scelte per la prima di campionato
Tuttavia, se Ancelotti è un allenatore in assoluto tra i più stimati e vincenti del panorama internazionale, non è solamente per il numero di trofei che figurano nella sua bacheca personale e per la capacità di creare un sistema di gioco valido e vincente, ma anche e soprattutto per le sue abilità nel leggere le situazioni esterne e contingenti, e saperle affrontare. D'altronde, come spesso si dice, il calcio è tutt'altro che una questione di 'gambe': tutto parte e ha sede nella testa.
Proprio su questo aspetto, sulla mentalità, punta e intende lavorare Carlo Ancelotti, dando innanzitutto l'esempio. Da uomo e allenatore di sopraffina intelligenza non ha provato a distruggere il lavoro di Sarri per creare il 'suo' Napoli né ha mai parlato negativamente o con distacco, in pubblico e con i suoi, del lavoro proposto dall'attuale allenatore del Chelsea.
Anche questa è tattica.
DICHIARAZIONI – Fin dal primo giorno le sue parole sono state di rispetto e ammirazione per il lavoro di Sarri e mai Ancelotti è apparso infastidito dai continui riferimenti al tecnico toscano. Piuttosto l'ex Bayern Monaco ci ha tenuto spesso a ribadire di non voler vestire i panni del rivoluzionario ma di voler ripartire dal passato: un'affermazione diplomatica, che ha saputo 'coprire' la realtà. Se rivoluzioni non ce ne sono state per ciò che riguarda l'organico, in realtà se ne intravedono molte per ciò che concerne la predisposizione tattica della squadra, a partire dalla ricerca continua della verticalizzazione, dal ridisegno della posizione di Marek Hamsik, per arrivare poi alla ricerca del tiro dalla media e lunga distanza. Questi sono solo dei piccoli dettagli, che formano parte di un disegno calcistico molto più grande e ancora da vedere in campo.
RAPPORTO CON LO SPOGLIATOIO – Uno dei punti forti del Napoli che fu di Sarri è stata l'unione tra i calciatori della rosa. Un gruppo molto compatto, la cui intesa in campo è stata il segreto che ha mantenuto per anni la squadra al vertice. Il rischio che diversi giocatori si sentissero spaesati e 'orfani' di un riferimento così importante era piuttosto elevato. Tuttavia, anche in questa situazione, Ancelotti ha saputo scegliere tempi e modi per far avvertire alla squadra che non è venuto a cancellare nulla, ma a ripartire dalle solide basi che già ci sono. Il tecnico azzurro è stato coinvolgente, ha ascoltato e lasciato parlare ed è stato piuttosto diretto con ciascuno dei suoi calciatori. Non sono mancati i momenti di ilarità, anzi sono aumentati, proprio perché Ancelotti crede nel potere del gruppo e sente la necessità di una fusione emotiva tra il suo staff e il gruppo di calciatori. Elemento che si ritrova in tutte le sue esperienze calcistiche.
FORMAZIONE – Karnezis; Mario Rui, Koulibaly, Albiol, Hysaj; Zielinski, Hamsik, Allan; Insigne, Milik e Callejon: questi i primi undici di Carlo Ancelotti. Presente una sola novità, Orestis Karnezis in luogo di Pepe Reina, oltre al centravanti polacco in attacco, che non è comunque un nuovo acquisto. Una scelta studiata e non necessaria: la presenza praticamente degli stessi uomini che avrebbe schierato Maurizio Sarri è figlia dell'intelligenza del tecnico: lanciare nella mischia i nuovi acquisti amalgamati alla vecchia guardia avrebbe potuto avere effetti decisamente indesiderati. Assorbire i nuovi dettami tattici e il cambio di guida è già di per sé complicato, farlo tra giocatori che ancora non si conoscono lo sarebbe stato ancora di più.
Non è stato il Napoli di Sarri a vincere contro la Lazio, bensì l'intelligenza di Ancelotti, che ha capito come gestire l'impatto col nuovo: ha puntato su un gruppo che ha degli automatismi già oleati, portandoli comunque a dei movimenti nuovi.
Niente è rimasto uguale: sono cambiate le esigenze, le strategie e dovrà presto cambiare anche il fulcro della creatività.
Ma Ancelotti il suo passo giusto l'ha già fatto: evitare la rivoluzione, che porta distruzione prima della ricostruzione, ed optare per l'evoluzione, ossia miglioramento costante e totale in un contesto già ben avviato e compatto.
di Sabrina Uccello
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