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Brasiliano con passaporto italiano ed il cuore azzurro che non smette di amare Napoli.

Brasiliano con passaporto italiano ed il cuore azzurro che non smette di amare Napoli.

Brasiliano con passaporto italiano ed il cuore azzurro che non smette di amare Napoli. E’ stato uno dei protagonisti della rinascita del club partenopeo dopo il fallimento ed il primo calciatore ad aver giocato e segnato in maglia azzurra in...

Redazione

Brasiliano con passaporto italiano ed il cuore azzurro che non smette di amare Napoli. E' stato uno dei protagonisti della rinascita del club partenopeo dopo il fallimento ed il primo calciatore ad aver giocato e segnato in maglia azzurra in Serie A, Serie B, Serie C1 e Coppe Europee.

João Batista Inácio, o più comunemente Piá, ha deciso di smettere di giocare appendendo gli scarpini al chiodo ma ciò non gli preclude la possibilità di ricordare e raccontare quanto fatto. Ai microfoni di CalcioNapoli1926.it l'ex attaccante del Napoli ha rievocato alla mente il periodo della Serie C, quando mancavano addirittura i palloni per allenarsi, il rapporto con Reja e con l'attuale capitano azzurro, Hamsik. Questi sono solo alcuni dei temi trattati...

Hai deciso di appendere gli scarpini al chiodo, ha qualche rimpianto?

"No, rimpianti no. Ho sempre cercato di dare sempre il massimo, facendo tutto con la massima professionalità quindi non ho rimpianti. Tutt'al più ho qualche inca***tura con me stesso, nel senso che avrei potuto fare di più".

Quando hai saputo del trasferimento al Napoli ti sono sorti dubbi, avevi paura? Ci sono calciatori, come Tolisso, che vedendo Gomorra decidono di non venire...

"Assolutamente no, sono stato 5 anni al Napoli ed ho visto che è una città accogliente ed affettuosa. Non è mai successo nulla di grave nè a me nè alla mia famiglia, siamo stati bene ed abbiamo tanti amici. Penso che come tutte le città grosse ci siano i pro ed i contro ma io di Napoli posso soltanto parlare bene".

Hai vissuto la serie C, c'erano molti problemi a livello societario in quel periodo?

"C'erano tanti problemi, erano i primi anni di De Laurentiis come società di calcio e noi venivamo dal fallimento. All'inizio non c'erano i campi, mancavano palloni e materiali. Sicuramente c'erano tanti problemi ma se il Napoli, oggi come oggi, è la squadra che vediamo oggi il riconoscimento va dato anche ai giocatori di quegli anni".

Hai giocato con Marek Hamsik, che tipo di persona è? Immaginavi sarebbe potuto diventare la bandiera del Napoli?

"Marek è una persona eccezionale, un ragazzo umile, un lavoratore ed un professionista serio. Ogni volta che parlo di lui non posso che avere parole di elogio perché è un esempio per tutti i giovani, uno che non si accontenta mai. Quando è arrivato al Napoli si notavano le sue qualità ma era un ragazzino e quindi nessuno si sarebbe aspettato che potesse diventare un giocatore tanto fondamentale in una piazza così difficile. È stato molto bravo lui perché non ha mai mollato, sono molto contento per quello che rappresenta per Napoli ed il Napoli".

Dalla Serie C alla Serie A nel segno di Edy Reja, come vi caricava prima delle partite? Che rapporto aveva con i giocatori e con te in particolare?

"Mister Reja è una persona eccezionale, ci faceva stare bene. Ha capito subito di avere una squadra forte e la sua bravura è stata quella di non stravolgere più di tanto i suoi giocatori. Con me aveva un rapporto ottimo, come con tutti i miei compagni".

Nella stagione 2007-2008 sei stato cannoniere del Napoli, a parimerito con Lavezzi. Che rapporto avevate? C'era rivalità tra voi?

"Era un bel rapporto. Il Pocho è un ragazzo umilissimo, di cuore, di gruppo e che fa stare bene. Come calciatore è un fuoriclasse ma a livello umano è un ragazzo viscerale, venendo da Sud America è molto passionale.

Tra di noi c'era un bel gruppo. Tra sudamericani, italiani, napoletani c'era molto affiatamento".

Hai conosciuto De Laurentiis, che tipo è? Ha mai fatto dei regali-premio per obiettivi raggiunti?

"Il presidente è un passionale, tiene molto alla squadra. Bisogna riconoscergli il merito per le cose che ha fatto in questi anni. È un vulcanico, vive molto la squadra e la partita. È caloroso e va accettato così.

Non ha mai fatto regali-premio, assolutamente. Ognuno aveva magari il suo premio personale ma a livello di gruppo, di vittorie no".

Con chi hai legato di più? Ci racconti di qualcosa che facevate insieme?

"Sicuramente con Paolo Cannavaro e Francesco Montervino, erano quelli che frequentavo di più quando eravamo a Napoli. Uscivamo a cena con le famiglie, si andava a mangiare una pizza. Tutto quello che fanno il resto delle persone".

Com'era il rapporto con i tifosi? È vero che non puoi uscire di casa che subito ti accerchiano?

"A livello affettivo e di passione verso i giocatori della squadra credo che Napoli sia unica al mondo. Ti trasmettono tanto affetto, alle volte talmente troppo che uscire di casa non è semplice. Non perché non si voglia uscire ma perché il loro affetto è calorosissimo e spesso si fa fatica".

Cosa ti manca di Napoli?

"Sicuramente il clima, tantissimo. Vivendo a Bergamo non c'è il clima che offre Napoli. Mi mancano anche gli affetti, la stima della gente, Napoli a livello umano offre tantissimo".

Hai mai pensato all'ipotesi che tuo figlio, in futuro, possa giocare nel Napoli?

"Ora come ora, avendo 9 anni, è ancora prematuro parlare di certe cose. Da papà gli auguro che possa arrivare il più lontano possibile. Se avrà la fortuna di giocare in Serie A, magari con la maglia del Napoli, sarò molto felice".

RIPRODUZIONE RISERVATA PREVIA CITAZIONE DELLA FONTE: CALCIONAPOLI1926.IT

REDAZIONE - Armando Inneguale.