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Ci sono le gite in barca a Capri, le feste, i pranzi e le cene e poi le conversazioni registrate dal

Ci sono le gite in barca a Capri, le feste, i pranzi e le cene e poi le conversazioni registrate dal

Ci sono le gite in barca a Capri, le feste, i pranzi e le cene e poi le conversazioni registrate dalle intercettazioni autorizzate dai giudici a far emergere il mondo in “fuori gioco” di alcuni campioni del Napoli calcio in compagnia di...

Redazione

Ci sono le gite in barca a Capri, le feste, i pranzi e le cene e poi le conversazioni registrate dalle intercettazioni autorizzate dai giudici a far emergere il mondo in “fuori gioco” di alcuni campioni del Napoli calcio in compagnia di pregiudicati, alcuni dei quali legati a clan camorristici. Documenti e filmati che fanno riferimento a un periodo che parte dalla metà del 2013 e arriva fino al 2016. Storie che hanno rilievo sociale, calcistico e professionale, segnate dall’ombra delle organizzazioni criminali che tentano di agganciare i calciatori per esibirli pubblicamente come trofei al popolo dei clan, al sottobosco criminale, per far così comprendere la potenza e il prestigio che l’amicizia, o presunta tale, con i beniamini dello stadio gli fanno ottenere. I calciatori sono ignari di questi retroscena, vittime di raggiri e finte amicizie che li trascinano in fondo alla palude.

Una serie di immagini riportano alla gita a Capri del bomber Gonzalo Higuaín nell’agosto 2013, da poco arrivato a Napoli e introdotto nel nuovo giro di amicizie da Paolo Cannavaro. Con loro c’è uno dei fratelli Esposito, imprenditori del commercio di giocattoli, arrestati nelle scorse settimane per riciclaggio e accusati di essere vicini ai clan di camorra. Durante quella gita in barca – le indagini non hanno ancora accertato se si tratta di una imbarcazione nella disponibilità di Esposito – Higuaín rimane ferito al mento per un tuffo vicino agli scogli.

Solo oggi, attraverso le indagini svolte sugli Esposito, si conosce il vero motivo della gita e chi si trovava in compagnia del bomber. All’epoca il presidente del Napoli, Aurelio De Laurentiis, aveva usato parole forti contro il capitano azzurro Paolo Cannavaro. C’è un video, ripreso con un cellulare a margine di un incontro con gli studenti, in cui il produttore dà dello «stronzo» a Cannavaro, che reputa l’organizzatore della gita a Capri. De Laurentiis domanda agli studenti: «Il capitano vero chi è?». E i ragazzi rispondono: «Hamšík». Il presidente approva, poi aggiunge: «Ma te pare a te che arriva Higuain e sto’ stronzo di Cannavaro cosa fa? Piglia una barca, senza fattura, pagata al nero, lo porta a Capri e lo fa “infrocià” (sbattere, ndr) su uno scoglio».

Il video fa il giro del web e a De Laurentiis tocca precisare con un tweet: «Mi sorprende che vengano prese seriamente battute fatte in un chiaro momento goliardico. Anche con Paolo mi sono fatto quattro risate». Chissà se il presidente si farà ancora quattro risate quando avrà la possibilità di leggere la ricostruzione di quella gita a Capri fatta dagli investigatori. Oppure le intercettazioni in cui sono scivolati i suoi calciatori. Perché di una cosa gli inquirenti sono certi: il Calcio Napoli ha sempre respinto ogni tentativo di infiltrazione dei clan. Ma i campioni del “San Paolo” non hanno saputo riconoscere la camorra.

Il procuratore aggiunto di Napoli Filippo Beatrice, che sta coordinando l’inchiesta condotta dalla Dia, sta valutando l’ipotesi di accertare se, oltre a regali e favori fatti ai calciatori da parte degli Esposito, ci siano anche affari in comune con gli imprenditori dei giocattoli, accusati anche di avere intestato a un prestanome un’agenzia di scommesse del brand Eurobet in piazza Mercato a Napoli per evitare sequestri, con l’aggravante di aver commesso il fatto per agevolare i clan.

I fratelli Esposito sono imparentati con Bruno, Mario e Vincenzo Palazzo, quest’ultimo ritenuto reggente del clan Sarno. A questi tre detenuti, come accertato durante le indagini, i tre imprenditori hanno fornito sostentamento economico. Gabriele Esposito è stato condannato in primo grado a sette anni di reclusione perché, secondo i giudici, affiliato al gruppo camorristico. Dalle intercettazioni e dalle rivelazioni di collaboratori di giustizia è emerso che i fratelli Esposito hanno avuto assidue frequentazioni con noti boss, in particolare con Ettore Bosti, esponente di vertice del clan Contini. Proprio la vicinanza al clan gli ha consentito di avere protezioni rispetto a richieste estorsive provenienti da altri gruppi camorristici.

Gli Esposito sono anche personaggi noti della movida napoletana: nelle foto che hanno postato su Facebook e altri social compaiono accanto a calciatori che indossano, o hanno indossato, la maglia del Napoli. Da Maradona a Higuaín, da Callejón a Reina e Paolo Cannavaro. Selfie scattati durante feste e cene da cui si comprende come non si tratti di casi isolati o sporadici. Secondo quanto emerge dalle indagini infatti, si tratta di ripetute frequentazioni, tanto da far definire agli indagati questi contatti come amicizia. Circostanze, comunque, che non sono oggetto delle indagini penali. Ma un rilievo sportivo forse potrebbero averlo, e lo vuole accertare il procuratore della Federcalcio Giuseppe Pecoraro, il quale ha chiesto gli atti ai magistrati per valutare il profilo di ogni calciatore.

Perché se nulla vieta a indagati e camorristi di frequentare i campioni del calcio, c’è invece un articolo della norma della giustizia sportiva che «fa divieto ai tesserati di avere rapporti con sostenitori e associazioni senza autorizzazione del delegato della società». È una figura chiamata “Slo” introdotta dalla Federcalcio poco tempo fa. L’ex prefetto di Roma Giuseppe Pecoraro vuole vederci chiaro, e per questo ha aperto un fascicolo dentro il quale finiranno conversazioni dei calciatori, intercettate, foto, video e informative di polizia giudiziaria in cui compaiono alcuni campioni del Napoli.

C’è pure una conversazione registrata dagli investigatori in cui un intermediario del capitano del Napoli Marek Hamšík contatta Gennaro De Tommaso, noto come “Genny ’a carogna”, coinvolto nei fatti di violenza avvenuti all’Olimpico di Roma il 3 maggio 2014, prima della finale di Coppa Italia Fiorentina-Napoli, per condividere una versione dei fatti: episodi non collegati con i tragici eventi culminati nell’uccisione di Ciro Esposito. L’intermediario di Hamšík chiama “Genny ’a carogna” alla vigilia della convocazione del calciatore davanti agli investigatori, e comunica ciò che Hamšík dirà a verbale da testimone agli inquirenti. Non è stato accertato se il calciatore fosse a conoscenza di questo ipotetico accordo con Genny, e quindi potrebbe essere estraneo al tentativo.

C’è un’immagine però che è difficile dimenticare: è la sera di maggio di tre anni fa e il capo ultrà del Napoli è seduto sulla balaustra dell’Olimpico che chiede di parlare con l’incolpevole Hamšík. Quella messa in atto da De Tommaso è una strategia per alzare la tensione che si è venuta a creare tra i tifosi dopo la notizia del ferimento di Ciro Esposito. Genny minaccia l’invasione di campo ma, dopo aver ottenuto di parlare con Hamšík, si placa e le autorità ottengono il via libera per l’incontro.

Le intercettazioni ai fratelli Esposito sono un pozzo senza fondo e in parte conducono anche a Genova. E qui si potrebbe aprire un altro filone “sportivo”, perché viene coinvolto in alcuni affari anche Enrico Preziosi, presidente del Genoa. Il contatto iniziale, secondo quanto emerge dalle indagini, parte proprio da uno dei calciatori del Napoli che va spesso a mangiare con i fratelli Esposito.

I giocattoli sono il punto in comune fra il presidente del Genoa e gli indagati per riciclaggio. Non ci sarebbe nulla di strano in tutto questo se non fosse che su alcune operazioni dall’ammontare di quasi venti milioni di euro, effettuate fra i due imprenditori triangolando anche con una grossa concessionaria di pubblicità di Milano, sono intervenuti gli ispettori dell’Unità di informazione finanziaria per l’Italia (Uif) della Banca d’Italia. La Uif ha segnalato l’operazione alla Direzione investigativa antimafia come da prassi e ora la procura di Napoli sta valutando quali documenti di questa inchiesta possono essere stralciati per trasmetterli agli uffici competenti che potranno verificare eventuali operazioni sospette.

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