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Ancelotti: "Vorrei un Napoli con la stessa "cazzimma" dell’Atletico Madrid. Con il PSG la partita più bella"

Ancelotti: "Vorrei un Napoli con la stessa "cazzimma" dell’Atletico Madrid. Con il PSG la partita più bella"

Ancelotti: "Vorrei un Napoli con la stessa "cazzimma" dell'Atletico Madrid. Con il PSG la partita più bella"

Redazione

Carlo Ancelotti, allenatore del Napoli, ha rilasciato una lunga intervista ai microfoni de Il Napolista. Ecco le sue dichiarazioni:

Arrigo Sacchi disse che lei non è ossessionato dalla perfezione, cos'è cambiato negli anni? "È cambiato che non sono più rigido, sono elastico. Rimango rigido nei principi che sono legati all’organizzazione di squadra, al movimento senza palla, alla velocità del gioco, a una difesa aggressiva. Sono però diventato elastico nell’applicazione di questi principi che rimangono rigidi. Penso che il possesso palla è importante per aver il controllo di gioco, ma dev’essere finalizzato. Basta guardare com’è il cambiamento il ruolo del portiere. Oggi gioca con la squadra. Le statistiche dicono che i giocatori che toccano più la palla sono i due difensori centrali e il portiere. Per me c’è qualcosa che non quadra. Fare un possesso palla basso è naturalmente più facile, più semplice, ma è poco efficace".

Quanti passaggi servono per fare un gol? "Sai quante volte una squadra riesce a fare gol dopo più di venti passaggi? "In un anno può capitare due volte. Un gol lo fai dopo cinque sei sette passaggi. Credo che ne abbiamo segnato uno dopo venti passaggi ma sarà capitato una volta (quello di Verdi a Torino, ndr). Se c’è la possibilità di uscire da dietro con la palla, tanto meglio. Ma se c’è il rischio di uscire da dietro, meglio lasciar perdere. Mercoledì sera quante volte l’Atletico Madrid ha giocato con la palla da dietro? Te lo dico io: mai. Certo è anche una questione di qualità. Non ha difensori adatti a questo tipo di gioco, probabilmente non ha un portiere adatto a questo tipo di gioco, e allora cosa fa? Sfrutta le caratteristiche dei calciatori che ha a disposizione".

Vittoria dell'Atletico Madrid? "E' una squadra che non gioca male, ti fa giocar male. Non ti fa giocare come tu vorresti. Per tanti motivi. Innanzitutto perché sono molto ben organizzati. Ma anche per la loro struttura psicologica. Sono molto aggressivi in tutte le situazioni. Anche con l’arbitro. Nel tempo, sono migliorati. Adesso giocano più a calcio, anche se giocano un calcio che possiamo definire diverso dalla normalità. Cercano molto la sostanza e poco l’estetica, è un calcio che mi piace".

Le piacerebbe che il suo Napoli giocasse come l’Atletico Madrid? "Io credo che alla fine la qualità del gioco paga sempre, però la qualità del gioco deve essere supportata da tanti altri valori altrettanto importanti che sono la determinazione, la cattiveria in certe circostanze, la personalità, la responsabilità che uno si deve prendere. Quella che voi a Napoli chiamate cazzimma. Mi piacerebbe un Napoli così".

Napoli troppo educato? "Nelle mie squadre non vado alla ricerca del mezzuccio. Credo che si debba essere corretti sul campo. Avere cattiveria non vuol dire ricorrere a mezzi che non sono leciti. Mercoledì sera, l’Atletico dopo un minuto dall’inizio della partita aveva già accerchiato l’arbitro. Secondo me, è una strategia. Perché lo han sempre fatto. Una volta addirittura, nella finale di Champions contro di noi (al Real Madrid), quando erano in vantaggio buttavano i palloni in campo per interrompere il gioco. Poi se la domanda è: c’è differenza dal punto di vista caratteriale tra l’Atletico Madrid e il Napoli? Certo che c’è. Dipende anche dalla personalità e dalle caratteristiche mentali che hanno i giocatori. Ma se mi chiedi: “preferisci avere una squadra di carattere o una squadra che gioca bene?” io ti rispondo che preferisco avere una squadra che gioca bene. Se poi hai una squadra che gioca bene e di carattere, tanto meglio".

Dipende dall'allenatore? "Io credo che un allenatore debba ricercare la qualità del gioco. Poi l’aspetto caratteriale e la mentalità vincente si creano a poco a poco. È anche attraverso la qualità del gioco che secondo me si riesce a incrementare la personalità dei giocatori. Da questo punto di vista il gioco è una grande spalla. Perché magari hai giocatori che a livello di personalità sono un po’ deficitari, ma se hanno chiaro in mente quel che devono fare sul campo, crescono anche a livello di personalità. Un giocatore che ha poca personalità e che lo mandi in campo senza precise indicazioni tattiche, è un giocatore che non riesce a farti la prestazione. Un giocatore che ha poca personalità ma ha chiarezza su quello che deve fare, acquisisce molta più sicurezza".

E il Napoli quanta personalità ha? "Il Napoli è una squadra che ha una chiara identità. Quando abbiamo perso l’identità sul campo, quando abbiamo perso questa chiarezza, ci siamo un po’ smarriti. Molto di meno adesso e molto di più nella parte iniziale del campionato. Adesso, obiettivamente, partite sbagliate nell’ultimo periodo ce ne son state poche. Sicuramente Milano".

Possiamo dire che è contento del Napoli, però qualcuno potrebbe essere più egoista? "È brutto dirlo però se gli attaccanti avessero un briciolo di egoismo in più, potremmo ricavarne qualche vantaggio".

Che cosa manca al Napoli? "Io credo che sia soprattutto una questione mentale, di esperienza. Ci sono alcuni giocatori più giovani che devono crescere, devono maturare. Alcuni sono arrivati quest’anno come Meret e Fabian Ruiz. Ma penso anche a Zielinski, allo stesso Milik. Devono arrivare al livello di affidabilità e continuità che hanno Koulibaly, Allan, Albiol, Callejon. Si deve riuscire a portare questo gruppo di giovani ad avere la stessa continuità dei più esperti".

Non ha citato Insigne. "Perché Insigne, Mertens, sono giocatori cui non chiedo la continuità. Come per Ounas, lo stesso Verdi. Con loro cerco il momento in cui devono dare il 100% di quelle che sono le loro qualità. Da loro le pause le accetto. Non le accetto invece da centrocampisti come Fabian, Zielinski, Diawara. Le loro prestazioni devono essere continue. Però, a proposito anche dell’egoismo, va sottolineato un altro aspetto. Gli attaccanti stanno disputando partite di grande continuità da un punto di vista sia fisico che tattico. Se il Napoli nell’ultimo periodo è molto solido in fase difensiva, è perché gli attaccanti si fanno un cuore così. È difficile nel Napoli trovare un attaccante che non rientra, che non pressa. E probabilmente questa continuità ha tolto loro qualcosa a livello realizzativo".

Qual è stata la miglior partita della stagione? "Col Psg a Parigi. Mi piacque la personalità, la voglia di giocare, di comandare il gioco, di avere chiarezza. Preparammo molto bene la partita. È più facile preparare le partite in Europa che in Italia. Perché a livello tattico da noi c’è uno studio particolare delle squadre avversarie. Ad esempio il Torino ha cambiato atteggiamento rispetto alla partita di andata. Non tanto per il passaggio dal 5-3-2 al 5-4-1. Ma perché i giocatori avevano compiti diversi. Ad esempio hanno spostato Rincon sul nostro trequartista di sinistra per rendere più difficile il nostro inserimento tra le linee. All’estero questo non succede mai. Puoi trovare Guardiola che è un allenatore che studia molto le squadre avversarie, ma in generale non c’è questo studio così dettagliato".

Forse non è un caso che la partita col Psg arrivò dopo la vittoria sul Liverpool, la squadra si sentiva più sicura. "L’uscita dalla Champions ci ha un po’ frenati da questo punto di vista. Ci ha un po’ demoralizzati. Anche perché siamo stati veramente vicini alla qualificazione. C’è la consapevolezza di poter dire che in quelle sedici squadre che sono passate, potevamo starci anche noi. A livello mentale l’eliminazione ha inciso un po’. Abbiamo perso un po’ di quella verve, di quell’atteggiamento che abbiamo mostrato in quelle due partite contro Liverpool e Psg".

Anche le dichiarazioni di Insigne prima di Zurigo-Napoli hanno colpito. È come se si sentissero obbligati a vincere. "La responsabilità nasce dal fatto che questa squadra negli ultimi anni è arrivata molto vicina alla vittoria. A un passo dallo scudetto l’anno scorso e questo diventa un po’ frustrante. Però non bisogna perdere la fiducia. Rimango dell’idea che questa squadra è molto vicina a vincere".

Si aspettava questo clima freddino a Napoli dal punto di vista ambientale? Forse nei suoi ricordi la tifoseria era più calorosa. "Non lo so. Ci piacerebbe avere più tifosi allo stadio. Forse avremmo avuto qualche punto in più, anche se obiettivamente non è che avremmo potuto farne tanti di più. Avremmo potuto battere Torino e Chievo. Ci sta che in un anno qualche partita in casa non riesci a vincerla. Persino la Juve ha fatto due pareggi in casa. C’è anche da dire che lo stadio è quello che è. Obiettivamente, se io fossi un tifoso del Napoli, non mi verrebbe tanta voglia di andarci. È scomodo per una serie di motivi".

Razzismo, maschilismo, come ha trovato il calcio dopo quasi un decennio all’estero? "Siamo ancora indietro. Anche sulla battaglia per il razzismo c’è stata una gran confusione. Le cose sono migliorate, ma non perché sono stati presi provvedimenti. Sono migliorate perché gli italiani hanno capito. Ci sono ancora dei rimasugli che secondo me, insistendo, andranno sempre più a decrescere. Ma non c’è stata una volontà politica di affrontare il problema. C’è stata solo molta confusione. Salvini diceva “sono sfottò”; altri sostenevano che “non è un problema dell’arbitro”; chi ripeteva che era un problema ordine pubblico. Però se n’è parlato tanto ed è servito a far cambiare idea a molte persone. Ed è quel che conta. Hanno capito che non ne vale la pena".

E il maschilismo? Ha seguito le recenti polemiche? "Che dire? Tra l’altro io ho scritto la prefazione al libro di Milena Bertolini ct della Nazionale femminile, la conosco molto bene perché è di Reggio. È un allenatore molto molto competente e intelligente. Ha scritto un libro sulla tattica. Se restiamo ai vecchi codici, ormai superati da tempo, io non potrei parlare di cucina eppure mi piace molto".