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L’Associazione Italiana Calciatori proclama lo sciopero ma poi ci ripensa: non tutti erano d’accordo

L’Associazione Italiana Calciatori proclama lo sciopero ma poi ci ripensa: non tutti erano d’accordo

Dopo la confusione di stamattina per Parma-SPAL, dopo i messaggi di Spadafora e Tommasi, l’Associazione Italiana Calciatori prende una forte posizione in merito al rinvio delle gare di Serie A e la sospensione del campionato. Pochi minuti fa...

Francesco Melluccio

Dopo la confusione di stamattina per Parma-SPAL, dopo i messaggi di Spadafora e Tommasi, l'Associazione Italiana Calciatori prende una forte posizione in merito al rinvio delle gare di SerieA e la sospensione del campionato.

Pochi minuti fa infatti era stato proclamato lo sciopero.

O almeno così si pensava. Qualche attimo dopo che è circolato questo comunicato, che annunciava lo sciopero, c'è stata subito la smentita: si trattava semplicemente di una bozza circolata tra l’assocalciatori e i suoi rappresentanti nelle varie squadre dei nostri campionati. Non tutti erano favorevoli allo stop delle partite, difatti dopo gli opportuni confronti la decisione è stata quella di non proclamare lo sciopero, in attesa del consiglio federale del 10 marzo.

LA "BOZZA" DELL'ANNUNCIO DELLO SCIOPERO

"Come noto, il Paese si trova in una situazione di emergenza sanitaria a causa dell'esplosione epidemiologica del COVID-19 che, da ultimo, ha portato il Governo ad adottare nuove misure di contenimento dell'emergenza, valevoli dal 08/03 al 03/04 e che, nello specifico, prevedono il divieto di ingresso e di uscita dalla Lombardia e dalle Province di Modena, Parma, Piacenza, Reggio Emilia, Rimini, Pesaro e Urbino, Venezia, Padova, Treviso, Asti e Alessandria. Come noto, nella citata “zona di sicurezza” sono previste limitazioni strettissime, tra le quali a titolo esemplificativo e non esaustivo, spiccano la chiusura delle scuole di ogni ordine e grado, la sospensione degli eventi pubblici, la chiusura anche dei musei, palestre, piscine, teatri, centri sociali e culturali, il blocco dei concorsi pubblici ad esclusione di quelli per il personale sanitario, la sospensione delle cerimonie civili e religiose, comprese quelle funebri, nonché l’ingresso contingentato all’interno dei locali commerciali e delle attività di ristorazione. Si tratta, dunque, di misure che rispondono alla logica necessità di evitare assembramenti di persone e contatti tra le stesse a distanza inferiore di un metro al fine di contenere la diffusione del COVID-19. Tuttavia, si apprende che le restrizioni non riguardano gli eventi e le competizioni sportive di ogni ordine e disciplina, che vedono coinvolti i nostri associati, in quanto: “resta consentito lo svolgimento dei predetti eventi e competizioni, nonché delle sedute di allenamento degli atleti agonisti, all’interno di impianti sportivi utilizzati a porte chiuse, ovvero all’aperto senza la presenza di pubblico. In tutti tali casi, le associazioni e le società sportive, a mezzo del proprio personale medico, sono tenute ad effettuare i controlli idonei a contenere il rischio di diffusione del virus COVID-19 tra gli atleti, i tecnici, i dirigenti e tutti gli accompagnatori che vi partecipano. Non vi sono ad oggi e anche a causa del brevissimo tempo dall’emanazione delle varie normative, tuttavia, indicazioni circa le misure idonee che consentano il rispetto integrale del diritto alla salute dei lavoratori sportivi, in particolare considerando il carattere necessariamente nazionale del campionati professionistici e la necessità di trasferte organizzate per la celebrazione di ogni partita, e ciò determinandosi uno stato di assoluta incertezza sulla corretta modalità di esercizio dell’attività lavorativo-sportiva".