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Ricchiuti: “Nazionale? Mancini non ha colpe, la squadra deve esser ringiovanita”

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Le parole di Adrien Ricchiuti

Sara Ghezzi

Adrian Ricchiuti, ex giocatore del Catania tra le altre ha parlato in esclusiva ai microfoni di 'Dame Futbol'. Diversi gli argomenti trattati dall'ex centrocampista, tra questi ha commentato la mancata qualificazione della Nazionale di Roberto Mancini ai mondiali del Qatar. Inoltre ha parlato anche della crescita di Victor Osimhen sotto la guida di Luciano Spalletti.

"Nazionale? Mancini non ha colpe, la squadra deve esser ringiovanita", le parole di Ricchiuti

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Di seguito le sue parole:

Vorrei partire chiedendole: qual è il suo legame con l’Italia? Ha trascorso tanti anni qui…

"Mio padre è italiano, io per motivi di lavoro mi sono trasferito qui e ho fatto tutta la mia carriera qui".

La sua carriera è partita a Terni e da lì ha avuto tante occasioni per rimanere nella storia…

"La mia carriera in realtà parte dalla provincia di Rieti, a Forano. Poi il provino con la Ternana e mi sono affacciato al professionismo".

A chi aspirava da bambino?

"Come ogni bambino della mia generazione, il mio sogno era giocare a calcio e il mio idolo Maradona, ma non aspiravo a nessuno. Volevo solo giocare a calcio, tutto il giorno, a differenza dei ragazzini di oggi che non pensano più solo al calcio, bensì a ciò che ne segue. Soldi, bella vita, fama".

Secondo lei è questa, la radice dell’insuccesso dell’Italia contro la Macedonia?

"Ci sono tanti insuccessi alla base, ora è molto facile dare la colpa a qualcuno: è il momento di fare delle scelte e di investire nei settori giovanili, su allenatori preparati e appassionati, avere fiducia nei giovani e anche rimodernare i centri sportivi. Andava fatto anche quando le cose andavano bene, ora è troppo facile dare la colpa ai giocatori e a Mancini, quando perdi è facile parlare".

Quando lei giocava in Serie A c’erano avversari di caratura mondiale, chi è che più l’ha impressionata?

"C’erano tanti talenti come Di Natale e Cassano, l’Italia ha tanto talento, ma qui non si ha il coraggio di farli sbagliare. Andrebbero anche abbassati i prezzi: finché uno straniero costerà meno di un italiano…sono contento di ciò che sta facendo Mourinho, lanciando diversi giovani. Tocca ragionare su certe cifre e dare più possibilità ai ragazzi. Viviamo in un mondo troppo criticone, un mondo dai mille giornali e dalle mille televisioni, sembrano tutti allenatori. Il giovane va fatto giocare, perché se non giocherà non crescerà mai. Qua se si sbaglia una partita, tutti criticano l’allenatore perché è stato un incapace a schierare il ragazzo".

Se Mancini dovesse dimettersi, chi vedrebbe bene sulla panchina della nazionale?

"Secondo me, chiunque andrebbe bene a patto che sia lasciato lavorare e ricostruire in serenità. Le basi ci sono: basta che il subentrante abbia fame. L’allenatore fa poco, il 90% lo fanno i giocatori. È ora di fare una nazionale giovane, Chiellini e Bonucci vanno sostituiti adeguatamente per qualificarsi alle prossime competizioni. Non credo che Mancini rimarrà, perché è una delusione troppo grande".

Spostandoci sul campionato, lì c’è una lotta molto avvincente per il campionato, qual è la sua favorita?

"In questo momento l’Inter è un po’ in caduta, ma credo che sarà una lotta fino alla fine. Ben venga che almeno il campionato sia così combattuto, con questa lotta a tre".

In Europa, invece, le italiane faticano: è per la mentalità risultatista?

"Sul punto di vista del gioco, qualcosa di buono è stato fatto, solo che all’estero vanno al doppio di noi. Tutti dicono che l’Inter abbia disputato una grande partita ad Anfield, eppure guardando il ritmo tenuto il Liverpool poteva tranquillamente fare gol. È una questione di ritmo, mentalità, ma anche di soldi. Il calcio italiano in questo momento è la terza forza europea, dietro Inghilterra e Spagna. Anche la Germania ha buone squadre, anche se non contiamo il Bayern che è la più forte di tutte. C’è da chiedersi perché negli ultimi anni le italiane non vadano mai avanti nelle coppe".

Infatti l’ultima semifinalista di Champions è stata la Roma di Di Francesco, tre anni fa

"Credo che sia una ruota, prima o poi l’Italia tornerà a comandare".

Proprio lei ha avuto un particolare merito: è stato il primo giocatore a segnare a Buffon in B, dopo il Mondiale vinto. Com’è stata quell’emozione?

"È stata un’emozione bellissima, grazie ai miei compagni riuscimmo a fare una grande impresa a Rimini. Sono contento di essere stato uno dei protagonisti in quella giornata, dove incontrammo dei campioni umilissimi.

Lei è stata una bandiera del Rimini, qual è il suo ricordo più bello?

"Tutti i ricordi sono belli, dal primo all’ultimo, ma purtroppo tutte le favole finiscono. Non penso mai al passato, questo è ciò che mi porta ancora sui campi a cercare di migliorarmi".

Ripeterebbe ogni sua scelta?

"Col senno di poi, sono contento di ciò che ho fatto, ma forse avrei potuto fare cose diverse. Però non mi piace ripensare al passato, sono contento di ciò che ho fatto".

Quel Rimini riuscì a vincere uno dei gironi di C più difficili di sempre, nel 2004-05, con squadre come Napoli e Avellino

"È stato uno dei campionati di C più difficili di sempre, c’erano anche compagini come Foggia e Reggiana. Eravamo però una squadra molto forte e lo abbiamo dimostrato ampiamente, ora il calcio è cambiato e c’è meno qualità rispetto a prima. Nel 2004-2005 c’erano squadre veramente forti. Ora fanno giocare chi non è pronto in Lega Pro, quindi si fa fatica a vedere del buono spettacolo in C. Tocca lavorare perché ci sono delle partite in serie C in cui si corre solo, 0 tecnica. Fanno giocare giovani non all’altezza solo per ricevere contributi dalla Lega. Ora per fare calcio bisogna essere benestanti e questi contributi sono vitali per le società di C. Se un giovane è forte, gioca".

Dopo il Rimini, ha esordito in Serie A con il Catania segnando gol importanti, come a San Siro contro il Milan

"È stato bello, ora spero che Sinisa riesca a recuperare da questo brutto male, gli mando un abbraccio. Sono stati anni bellissimi".

Ha avuto l’occasione di condividere lo spogliatoio con tanti argentini, a Catania, dove fece il record di punti. In una piazza che purtroppo ora è in Serie C…

"Eravamo 14, fai te! Eravamo proprio tanti, è stato bello, ma anche un po’ faticoso, perché quando si è in così tanti si rischiano divisioni interne al gruppo. Però tutto andò per il meglio, fu un crescendo. Dopo tanti sacrifici per tenerlo in C, il Catania rischia di fallire. Si è lavorato male negli anni e purtroppo in questo momento particolare si stanno pagando le conseguenze. Speriamo che non scompaia, i ragazzi stanno facendo qualcosa di straordinario, non è facile lavorare in un ambiente così a rischio".

Tante società, in serie C, falliscono…

"Ritorniamo al discorso di prima, il calcio è diventato uno sport per ricchi e se non cambiano le norme la serie C si impoverirà ancora di più".

Come riformerebbe la C? Questa formula a tre gironi è un problema?

"Le società dovrebbero pagare di meno, se un giocatore costa uno ad una società costa due, si pagano troppe tasse. Si fa fatica ad andare avanti. Il problema non è la formula, economicamente la Serie C fa fatica a mantenersi con pochi sponsor anche per il momento che sta passando il paese. C’è bisogno di interventi dall’alto e tagliare i costi, altrimenti questo calcio vedrà sempre più squadre ripartire dalla D".

Lei è rimasta nel mondo del calcio, chi è l’allenatore che apprezza di più?

"Allenatori bravi e giovani ce ne sono, ma qui in Italia andrebbero tutelati: qui se sbagliano due o tre partite vengono esonerati, avrebbero bisogno di tempo per lavorare".

L’esempio più eclatante è quello di Klopp, al primo anno ottavo con il Liverpool.

"All’estero è diverso, ci si basa su un progetto. Spesso l’allenatore è capro espiatorio e non sempre gli vengono procurati i giocatori richiesti sul mercato, vedendosi arrivare giocatori non congeniali al loro gioco".

E se le chiedessi di Diego Simeone?

"Il Cholo ha una grande personalità, fa un lavoro mentale che porterebbe ogni suo giocatore a buttarsi nel fuoco per lui. In pochi sanno gestire un gruppo come luiSi, a livello di gioco il Cholo non esprime chissà cosa, ma ti carica, è un vincente. Ha grinta e qualità, merita i successi che sta avendo da allenatoreNon solo la grinta, perché per vincere così tanto devi avere anche altre qualità. La fase difensiva con le linee strette come la fa l’Atlético la fanno in pochi, è uno dei migliori al mondo".

Qual è la squadra che gioca meglio in A?

"Quest’anno anche le squadre minori, come l’Empoli all’inizio, giocano un bel calcio. Il Napoli, la Fiorentina, il Sassuolo: almeno su questo punto di vista, il calcio italiano cresce. Il problema è che le grandi si sono indebolite e le piccole crescono, quindi le partite sono più equilibrate. I campioni ormai non vanno più in serie A, quindi il livello si è abbassato".

Prima la serie A era un punto d’arrivo, ora è un punto di partenza…

"Beh, Lukaku qua faceva la differenza, è andato in un campionato migliore e ora fa fatica. De Paul qua faceva la differenza, lì non gioca quasi mai. Qua con la poca qualità che c’era facevano la differenza, all’estero fan fatica. Tocca non avere i paraocchi, questa è la verità, bisogna dire la verità nel calcio".

E proprio parlando di Lukaku, cosa pensa della situazione dei centravanti nella nazionale italiana?

"In Italia è un problema serio, Immobile è un grande attaccante, ma non è adatto al gioco di Mancini. Credo che la mancanza di un centravanti abbia inciso sulla sconfitta contro la Macedonia, Scamacca lo vedo più adatto, ma bisogna avere rispetto per uno che ha fatto così tanti gol. Bisognerebbe capire perché Mancini l’abbia schierato nonostante non fosse adatto, ma non è un buon motivo per incolparli".

Cosa pensa di Vlahovic ed Osimhen?

"Alla Fiorentina ha fatto tanti gol, ora la Juve non lo supporta bene: aspettiamo il prossimo anno. La Fiorentina giocava per lui e quindi faceva tanti gol. Osimhen è un grande giocatore e Spalletti lo sta coltivando bene, deve migliorare in certi aspetti, ma credo che Spalletti abbia capito cosa fare di lui e lo migliorerà sicuramente".

Il più forte giocatore con cui ha condiviso lo spogliatoio?

"Papu Gomez, Barrientos, giocatori dalla qualità superiore".