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Gravina illustra la riforma: “Tre livelli di professionismo non sono più sostenibili”

(Getty Images)

Il presidente della FIGC ha trattato anche i temi del vaccino e della riapertura degli stadi

Giuseppe Canetti

Gabriele Gravina, presidente della Figc, ha illustrato oggi in Consiglio federale la bozza della riforma del calcio (che dovrebbe partire dal campionato 2024/25) e ha detto la sua riguardo il tema vaccini e riapertura degli stadi. Di seguito le sue dichiarazioni.

"Ho proposto il green pass obbligatorio per tutti i tesserati"

 (Getty Images)

Ecco le parole di Gravina:

Sulla riforma

"Abbiamo affrontato il tema ad ampio raggio per arrivare a una vera rivoluzione, al di là del cambio dei format, per una nuova sostenibilità e stabilità del sistema per dare prospettive a lungo termine al nostro mondo. Tre livelli di professionismo non sono più sostenibili, per questo ho proposto una fusione tra B e C, che diventerà C Elite, così come ci sarà una D Elite per creare un ammortizzatore per la categoria. Format a 18 squadre (in discussione ma molto poco amato anche in Lega Serie A, ndr)? Il tema 20 o 18 non mi affascina e non è lì che sta la riforma, lascerà decidere gli imprenditori del calcio italiano. Di certo vogliamo ridurre il numero delle retrocessioni e il divario di risorse tra le diverse categorie".

Sui vaccini

"Ho proposto il green pass obbligatorio anche per giocatori e addetti ai lavori, dai professionisti ai dilettanti, perché il calcio, anche se ha già un suo protocollo severissimo, resta all'interno delle regole che valgono per il Paese. Noi ci faremo ancor più promotori della campagna vaccinale e valuteremo in seguito a tutela della salute dei nostri lavoratori l'obbligo di vaccino".

Sulla riapertura degli stadi

"Il 50% non è soddisfacente e inapplicabile al calcio se sarà necessario mantenere il distanziamento di un metro. Abbiamo chiesto al governo di occupare i posti a scacchiera. Dispiace che al calcio italiano, che riflessi tanto importanti ha sul Paese dal punto di vista economico e sociale, non venga riconosciuta la sua dignità dallo Stato, non tanto per i ristori, quanto per le difficoltà nel consentire la ripresa da una delle crisi più profonde dalla sua costituzione".