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Guerra allo stadio della Liberazione, quando il Napoli scucì lo scudetto alla Juve

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Il 28 luglio 1946 Napoli e Juventus si affrontavano nell'ultima giornata del primo campionato italiano di calcio del dopoguerra
Domenico D'Ausilio
Domenico D'Ausilio Vice caporedattore 

Sabato pomeriggio alle 18.00 andrà in scena una classica del calcio italiano: Napoli-Juve. Gli azzurri di Conte arrivano a questa partita con il primato in classifica contro l'unica squadra imbattuta di questo campionato, ma che ha collezionato anche ben 13 pareggi con Thiago Motta. I partenopei, dunque, sono chiamati ad una grande impresa per mantenere la vetta in Serie A. Questo big match ha radici lontane e torniamo con la memoria fino al 1946, nel primo dopoguerra, nell'unico campionato non disputato con la formula del girone unico dal 1929, a causa dei postumi della Seconda Guerra Mondiale, che aveva lasciato una grande ferita ad un Italia che era stata gravemente colpita dagli eventi bellici.

Amarcord Napoli-Juve 1946, quando gli azzurri cucirono lo scudetto sul petto del Grande Torino

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Era il 28 luglio 1946, l'Italia era diventata una Repubblica da poco meno di due mesi. Napoli e Juve si affrontavano nell'ultima giornata dell'infinito primo campionato italiano di calcio del dopoguerra. L'Italia era praticamente ancora divisa in due dopo la Seconda Guerra Mondiale e il campionato fu diviso in Serie A Alta Italia e Serie A-B Centro-Sud. Le quattro classificate dei due campionati si sarebbero affrontate in un girone all'italiana composto da otto squadre, da cui sarebbe uscita la vincitrice dello scudetto 1946. Il Napoli aveva disputato il campionato di Serie B nel 1942/43, l'ultimo prima dello stop imposto dalla guerra, ma disputò ugualmente il campionato di Divisione Nazionale di Centro-Sud per mancanza di squadre militanti in Serie A e fu ripescato insieme ad Anconitana, Bari, Palermo, Pescara, Salernitana e Siena. Gli azzurri a sorpresa vinsero il girone qualificandosi per quello nazionale insieme a Bari, Roma e Pro Livorno. Grazie a quella vittoria il Napoli si garantì il ritorno in Serie A a girone unico del 1946/47. Gli azzurri disputarono un buon cammino e arrivarono all'ultima giornata del girone finale al quinto posto, la prima tra le formazioni del Centro-Sud. Si contendevano lo scudetto le due squadre torinesi: il Grande Torino e la Juve. Appaiate a quota 20. I granata attendevano allo stadio Filadelfia la Pro Livorno, mentre i bianconeri erano attesi dal Napoli allo stadio della Liberazione, l'odierno Collana. In caso di parità in classifica, le due squadre avrebbero dovuto disputare uno spareggio.


La cronaca di quel match

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Tutti pensavano a questo epilogo visto che le squadre del Centro-Sud venivano regolarmente battute dagli squadroni del Nord. Al Filadelfia tutto fila liscio e il Torino è già avanti 5-1 al duplice fischio finale, mentre la Juventus non sfonda a Napoli, inchiodata sullo 0-0. Lo stadio della Liberazione, gremito in ogni ordine di posto, forse più pieno della sua reale capienza, con le persone assiepate anche sui balconi e i tetti circostanti, che non vogliono perdersi questo evento. Fuori dal campo, a cercare di mantenere l'ordine pubblico, carabinieri a cavallo armati di sciabole sguainate. Al 58° accadde l'inverosimile, l'ala azzurra Umberto Busani portò in vantaggio il Napoli tra il tripudio generale e ragazzini che cercavano di sfondare i cancelli per invadere il campo, contenuti a fatica dai carabinieri presenti all'interno dell'impianto. Il vantaggio durò cinque minuti. Il più grande goleador della storia della Serie A, Silvio Piola, pareggiò. Ma quella rete servì a poco ai bianconeri. La Juve attaccò a testa bassa ma non riuscì a segnare ancora: la partita finì, dunque, 1-1. E per effetto del 9-1 dei granata alla Pro Livorno, il Grande Torino si cucì sul petto il suo terzo scudetto (il secondo consecutivo se non si considera il periodo di pausa dovuto al secondo conflitto mondiale), per la felicità del pubblico napoletano, nella speranza che sarà contento del risultato di Napoli-Juventus anche sabato sera.

A cura di Domenico D'Ausilio

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