Anche volendo prescindere da tutto questo, c’è una questione di buon senso grande quanto un casa, che dovrebbe sconsigliare la localizzazione di un nuovo stadio da 60.000 posti nel bel mezzo della zona rossa dei Campi Flegrei, istituita dalla pianificazione nazionale di emergenza per il rischio vulcanico nel giugno 2016, che comprende l’intera piana di Bagnoli, assieme al promontorio di Posillipo. Un’area nella quale, stando al sito del Dipartimento nazionale di Protezione Civile “… l’evacuazione preventiva è, in caso di allarme, l’unica misura di salvaguardia per la popolazione. In caso di eruzione, sarebbe infatti esposta al pericolo di invasione di flussi piroclastici che, per le loro elevate temperature e velocità, rappresentano il fenomeno più pericoloso per le persone”.
Il dibattito scientifico e istituzionale sull’evoluzione recente del rischio vulcanico e bradisismico. Le preoccupazioni per l’incompletezza delle nostre conoscenze e capacità previsionali. La presa d’atto dell’insufficienza delle vie di fuga (a proposito, come si evacuano 60.000 persone dal cul de sac di Bagnoli?), hanno occupato fino a ieri pagine intere dei quotidiani. Come sia possibile rimuovere completamente la questione dal dibattito in corso sul nuovo stadio rimane uno dei misteri della mente umana.
Le vicende storiche che stiamo vivendo dovrebbero indurci invece a immaginare una strada nuova. Sobria intelligente per Bagnoli e la zona occidentale, che metta insieme le ragioni dell’economia, del paesaggio, dei bisogni delle persone, con l’obiettivo di costruire una città più sicura e resiliente. Il nuovo piano urbanistico dovrebbe farsi carico di tutto questo, sempre ricordando che Napoli è un segmento di un sistema vulcanico ed ambientale più ampio, maledettamente problematico, ed è a quella scala che le soluzioni ragionevoli vanno ricercate".
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