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(Getty Images)
L'edizione odierna della Gazzetta dello Sport si sofferma sul ritorno da avversario di Maurizio Sarri a Napoli con la sua Lazio. Al di là dei fischi, che domani al Maradona sono sicuri, come l’orario d’inizio alle 20.45, cosa rimane a Napoli di Sarri e del Sarrismo? La campagna del 2015-2018 di Maurizio in azzurro non avrà portato trofei, ma ha lasciato un palato fine ai tifosi partenopei. E qualcosa in più. Ecco perché al di là della reazione che dall’amore ti porta all’odio, va analizzato cosa ha significato l’uomo nato a Bagnoli per il calcio napoletano.
Erano gli anni in cui esisteva una pagina seguitissima su Facebook chiamata Sarrismo, gioia e rivoluzione, alimentata dalle stesse dichiarazioni del “Comandante Maurizio” che infiammava i tifosi coi suoi discorsi da assalto al Palazzo del potere, rappresentato dalla Juve. Dove poi è finito nel 2019-20 a vincere uno scudetto manco festeggiato dai bianconeri. Quello sgarbo Napoli non lo ha mai perdonato, ma nel tempo vanno riviste le cose in ottica diversa. Oggi l’esperienza di quei tre anni viene vista con maggiore distacco e non solo per ripicca per la scelta juventina. C’è chi distingue l’uomo e il tecnico. Le scelte del primo non hanno mai convinto. Dell’allenatore piace ricordare un periodo bellissimo in cui a Napoli si andava allo stadio per divertirsi.
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