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Sarri: “ADL? Provo gratitudine, ma lavorare con lui è difficile. Sono cambiato…”

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L'intervista dell'ex tecnico azzurro a Il Corriere dello Sport

Giuseppe Canetti

 

Maurizio Sarri, ex allenatore del Napoli, attualmente alla Lazio, ha rilasciato una lunga intervista a Il Corriere dello Sport. Il tecnico toscano ha parlato anche della sua esperienza all'ombra del Vesuvio, di Mertens, Koulibaly e De Laurentiis.

Le parole di Sarri

sarri

Ecco un estratto di quanto ha dichiarato Sarri al noto quotidiano:

"Qual è la squadra che ha espresso il calcio più vicino alle mie idee? L’ultimo Napoli, quello dell’ultimo anno intendo. Giocava il calcio che avevo in mente, un calcio di coinvolgimento totale. Ma anche nelle stagioni di Empoli avevo ricevuto dai ragazzi quello che volevo. Al Chelsea e alla Juve sono stato troppo poco per poter incidere in maniera pesante. E poi oggi è più difficile, più il tempo passa e più si afferma l’individualismo, e non solo nel calcio. È un cambiamento generazionale, non mi piace e impone degli adattamenti. Anch’io sono cambiato, in parte mi sono adeguato".

"Avevamo tre esterni d’attacco per due posti, la grande qualità di Lorenzo e l’equilibrio che garantiva Callejòn erano imprescindibili, così Mertens trovava poco spazio. A Bergamo, in dieci contro undici, tolsi Higuaìn e misi Dries centrale. Venti minuti mostruosi, prese due rigori, insomma li fece impazzire. L’anno dopo, quando persi Milik durante la sosta della nazionale - si ruppe i crociati- decisi di riproporlo in quella posizione".

Sulla cessione di Koulibaly

"Me l'aspettavo? Koulibaly ha un potenziale mostruoso, alla fine va in un calcio di altissimo livello".

Su De Laurentiis

"Cosa mi è rimasto dell'esperienza con lui? Una forma di affetto e gratitudine, mi ha concesso l’opportunità di misurarmi con il grande calcio ed era quello che volevo provare. Poi, certo, lavorarci insieme non è semplice".

Sugli allenamenti

"Anche l’introduzione del drone in allenamento mi dovete. Fu davvero casuale. Da due mesi si girava sul tetto della tribuna per inquadrare la linea difensiva e verificare gli allineamenti dei quattro. Ma a un certo punto l’osservazione risultava in diagonale e quindi imperfetta, imprecisa, inutile. Un amico di Accardi, che possedeva la licenza per l’impiego dei droni, ci disse che sarebbe stato facile per lui fornire il servizio ideale… ed era esattamente quello che volevo. Oggi i droni li usano tutti: ai ragazzi puoi mostrare le immagini dall’alto e intervenire per correggere chi ha fatto il movimento sbagliato, ritardato o anticipato".

Sei considerato tra i pochi allenatori in grado di migliorare i calciatori, un altro è Conte.

"Abbiamo filosofie diverse però , al di là della bravura di Antonio , quello che fa la differenza è sempre la disponibilità dei ragazzi, la fame, la voglia di perfezionarsi. Con i “non arrivati” è più facile. In carriera il più veloce a comprendere quello che chiedevo è stato Albiol, difensore di livello superiore . In pochissimo tempo capì tutto , al punto che io potevo anche starmene a casa, l’allenamento avrebbe potuto dirigerlo lui".

Sulla considerazione degli altri

"Non mi ci riconosco per niente, ma importa poco. Sono molto diverso da come vengo descritto , per anni ho svolto un altro lavoro e non ho assorbito la superficialità del calcio. Sognavo di allenare una grande squadra e ci sono riuscito non una , ma più volte. A 63 anni non penso più alla carriera e i soldi sono meno importanti, mi sono evoluto: voglio il piacere, il divertimento e la Lazio può darmeli. Lavoro per creare una squadra vera, 25 giocatori che pensano allo stesso modo, per certi versi antistorica: il gioco del calcio per sua natura è collettivo e invece anche voi della stampa l’avete trasformato nel paradiso dell’individualità. Quand’ero ragazzo, leggendo i giornali la presentazione della partita era Milan-Inter o Juve-Roma, non Lukaku-Leao o Vlahovic-Abraham. Paradossalmente è stato uno sport individuale come il ciclismo a trasformarsi in collettivo. Io ho una passione immensa per il ciclismo, l’altra sera all’una e mezza di notte mi sono guardato la classica di San Sebastian , me l'ero persa".