AlbertoBigon, allenatore vincitore dell'ultimo scudetto con il Napoli, ha rilasciato alcune dichiarazioni nell'edizione odierna della Gazzetta dello Sport. Tra gli argomenti, oltre a ricordare i successi con il suo Napoli, ha parlato della gara di domenica contro il Milan.
rassegna
Bigon: “Osimhen fa la differenza nel Napoli, con i suoi movimenti esalta i compagni”
Le parole di Bigon alla Gazzetta dello Sport
Bigon: "Ibrahimovic e Osimhen fanno la differenza nel Milan e nel Napoli"
Di seguito le parole dell'allenatore alla Gazzetta dello Sport, partendo dal ricordare un Napoli-Milan di qualche tempo fa:
"Senza dubbio ricordo la nostra vittoria in casa nel 1989 (3-0, ndr), decisiva perché su quella costruimmo lo scudetto. Me la ricordo bene perché nei momenti topici succedono cose importanti, e tra primo e secondo tempo sappiamo solo noi che eravamo nello spogliatoio che cosa è successo. Posso solo dire che in quei 15 minuti abbiamo vinto la partita: lì posso dire di essere stato bravo e capace a convincere i ragazzi, ed è andata come doveva andare".
Sullo scudetto a cui è più legato tra quello vinto con il Milan e quello con il Napoli
"Visto che quando le cose non vanno bene è colpa dell’allenatore, allora considero anche i meriti. Antonio Juliano ai tempi disse, non proprio in senso positivo, “Bigon nulla mette e nulla toglie”. Io lo presi come un complimento. Se non togli niente a una squadra con un grande potenziale come quel Napoli, è già tanto. Io ho sempre lottato per la salvezza, quando ho avuto la possibilità di lottare per il titolo, l’ho conquistato. Con il Napoli, ma pure con il Sion e con l’Olympiacos, anche se l’esperienza in Grecia mi ha fatto passare la voglia di allenare.
Se devo dare tutto me stesso, tutta la mia vita, per non avere niente in cambio, pensai, allora cambio mestiere. Dopo la Grecia sono tornato solo al Sion - dove ho vinto campionato e coppa e ci sono riusciti in pochi - ma l’ho fatto soltanto per la gente della Vallesia con cui ho vissuto attimi indimenticabili".
Sul Milan e sul Napoli di adesso
"Mi piacciono le due squadre. Per quanto riguarda la squadra di Spalletti, bisognerebbe parlare di un Napoli con o senza Osimhen. La differenza la fa lui, fa giocare bene gli altri, li esalta con i suoi movimenti. Di là, Ibrahimovic al 100% è l’Osimhen del Milan. Ma devo dire che Pioli è proprio bravo: la sua squadra gioca bene anche dovendo cambiare tanti giocatori. Ecco, ripensando a quella frase di Juliano, lui qualcosa mette".
Sul favorito di domenica
"Il Napoli sembra stare meglio, e due mesi fa sembrava assurdo pensarlo. Ma non vorrei che tra i due litiganti godesse il terzo. Perché l’Inter è in flessione, ma ha i numeri e la forza per restare davanti".
Sulla Juve
"Sinceramente non vedo come possa rientrare nella lotta scudetto. Ne avesse davanti solo una potrebbe essere, ma dovrebbero crollare in tre. Comunque i bianconeri fanno bene a crederci, finché la matematica li tiene in gioco".
Sull'effetto che fa sentire il nome Maradona allo stadio del Napoli
"Diciamo che già lo stadio è emozionante, e ho sempre pensato fosse un peccato mortale non avere le tribune vicino al campo. Sarebbe stato super".
Poi, un ricordo con lo stesso Diego
"Dovremmo prenderci le ferie insieme così le racconterei. Le dico il primo: appena arrivato a Vicenza in ritiro, con la squadra torniamo dall’allenamento e lo vedo palleggiare nel cortile dell’albergo: mi dico, okay, fai l’allenatore da qualche anno, con questo hai già visto il traguardo da tecnico. Diego era il massimo".
Sul suo Verona e sulla pericolosità delle piccole
"Verona la conosco nel bene e nel male, perché una volta ci ho perso uno scudetto e un’altra me lo ha fatto vincere. Tra l’altro, quel tricolore lo avremmo vinto anche senza la monetina di Alemao, lo dice la matematica. Ma a parte questo sì, occhio alle piccole. Come diceva Liedholm, la partita contro la Juve non serve prepararla, devo lavorare tanto quando giochiamo contro il Mantova".
Infine, sul mondo calcistico che si è dimenticato troppo in fretta di Bigon
"A dir la verità, ho fatto di tutto perché il calcio mi dimenticasse. A parte quando mio figlio Riccardo è entrato in questo mondo, a ReggioCalabria, poi a Napoli e ora a Bologna. Per questo sono rimasto vicino al calcio, in realtà solo per rimanere vicino a lui, che tra l’altro non ne ha bisogno. Ora non lo seguo neanche più tanto, perché questo Bologna mi fa un po’ soffrire".
© RIPRODUZIONE RISERVATA