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(Photo by Laurence Griffiths/Getty Images)
L'edizione online de Il Mattino riporta la verità del dottor Leopoldo Luque sui rapporti e la morte di Diego Armando Maradona, oggetto di indagine della magistratura di San Isidro da oltre sette mesi, è in 87 pagine. È il dossier che il dottor Leopoldo Luque, neurochirurgo e medico di fiducia del Pibe, ha consegnato nel giorno del suo interrogatorio. Ha ripercorso tutte le tappe di questo rapporto e, a più riprese, ha evidenziato un punto chiave nella sua difesa. È accusato con altre sei persone di omicidio colposo con dolo eventuale, reato che in Argentina prevede una pena da 8 a 25 anni, lo assiste l'avvocato Julio Rivas). "Non ero io ad occuparmi dell'assistenza domiciliare di Maradona".
C'è un altro punto su cui ha insistito Luque nella relazione. Non riteneva, dunque, che Maradona avesse gravi problemi cardiaci perché gli accertamenti effettuati negli ultimi anni non avevano evidenziato queste difficoltà. Sebbene si sapesse che da tempo il cuore di Diego funzionava al 35 per cento a causa dell'abuso di cocaina. "Il vero problema è che il paziente aveva un passato di 20 anni di consumo di droghe e alcol. Io suggerii, quindi, un trattamento psichiatrico e psicologico. Gli esami effettuati non avevano evidenziato infermità renale cronica, problemi al fegato, insufficienza cardiaca. La commissione medica nella sua relazione si è basata su quanto è emerso nell'autopsia. Non sugli esami effettuati in vita". La commissione ha evidenziato lo stato di abbandono di Diego, che fu in agonia per dodici ore. Ma secondo Luque un'agonia non può durare così a lungo. "Io non ero presso il domicilio di Maradona e venni avvisato dal suo collaboratore Maxi Pomargo alle ore 12". L'ora del decesso.
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