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Alex Meret ha conquistato Napoli. Non solo. La città si è completamente abbandonata al suo essere così... miracoloso. Il Corriere dello Sport ha osservato le sue ultime prestazioni.
Tre secondi e cinquantaquattro centesimi. Cronometro alla mano, sono sufficienti per accorgersi che ci sono gli uomini e poi i marziani, che si può uscire da un fumetto, in versione Batman, e ritrovarsi fenomeno. E ch’è perfettamente inutile perdere tempo: ci vuole poco, quasi niente, un battito di ciglia o anche uno sbadiglio, per scoprire che sta per cominciare un’altra vita. Ma è sempre la tua. E non è il lampo d’una notte quell’immagine ma la fotografia limpida d’una dimensione (onirica) nella quale si può galleggiare, dopo essersi stropicciati gli occhi perché è sembrato tutto surreale, mentre invece era stupendamente vero: e si fa prima a compierli, certi miracoli, che a riviverli e a narrarli, perché Alex Meret ha impiegato niente, assai meno di quanto serva a chiunque per raccontarlo, in Napoli-Verona.
Ci sono almeno venticinque milioni di buoni motivi perché De Laurentiis, Ancelotti e Giuntoli se ne stiano adesso sdraiati ad ammirare il panorama, perdendosi nelle immagini cult della Red Bull Arena che raffigurano un «genio» lanciarsi tra i piedi di Haaland e poi nell’angolo lontano scovato da Daka.
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