Sul gesto dell'orologio: "Il mio gesto è diventato iconico. Io volevo recuperare il tempo oppure volevo il fischio perché vincevo. Noi giocavamo bene e per far risultato contro di noi se ne inventavano di ogni. Questo gesto ora è immortalato al Maradona. Sarà diventato un "meme" e in questo senso possono anche farmi piacere".
Sul Napoli: "Che rapporto avevo con i calciatori? Maggio, Lavezzi e Cavani, giocatori con cui avevo uno splendido rapporto, se devono parlare di me a qualcuno lo fanno con il massimo della riconoscenza. Credo di essere stato l'unico a Napoli quattro anni con De Laurentiis. Sarri è stato tre anni ed anche gli altri che hanno vinto lo scudetto sono rimasti meno di me".
Su Lavezzi: "Difficile allenarlo? Quando all'inizio me lo dissero, c'era Quagliarella e non Cavani. Il Pocho non pensava alla fase difensiva e se ti difendi in uno in meno cambia tutto. A Lavezzi dissi di migliorare la condizione atletica, poi quando finisce l'azione dopo cinque-sei dribbling devi tornare e metterti davanti al terzino. Lo obbligavo a rientrare, glielo dovevo ricordare sempre e lui me lo chiedeva perché mi diceva che se lo dimenticava. Con lui ho avuto un grande rapporto, poi c'è l'aneddoto delle vacanze di Natale e dei ritorni dopo le soste. Noi dovevamo dare il programma per i giorni di permesso natalizi, sia per italiani che per i sudamericani. Io davo un giorno di differenza, un giorno i sudamericani vollero parlare con me perché avevo deciso di farli rientrare prima dell'ultimo dell'anno visto che il 6 gennaio si giocava contro la Roma. Allora Lavezzi mi fa «Mister, se non mi fa tornare il 2 gennaio diventa un problema». Io li guardo tutti e decido di metterli alla prova per vedere quanto fossero uomini, nonostante la società non fosse d'accordo. Li feci tornare il 2, a quattro giorni dalla gara con la Roma. Lavezzi salutandomi e dandomi la mano disse «Ti prometto che torniamo e ce li mangiamo». Morale della favola vincemmo con la Roma con una grande prestazione, davvero si mangiarono gli avversari. Nel post partita vengono nello spogliatoio e mi dicono «Hai visto mister?», lì ho capito che unione c'era in quel gruppo".
Su Cavani: "Basta guardare i dati tra il passaggio a Palermo e Napoli. Quando arrivò, tutti mi dicevano che aveva una forza incredibile, ma era frettoloso e sbagliava tanto sotto porta. Dopo l'allenamento mi fermavo con lui e gli dicevo sempre: 'Guarda la palla, rallenta e carica il tiro davanti al portiere". Se vedete Maradona, quando calcia, lui rallenta e guarda la palla perché già sa dov'è la porta. Da quando Cavani ha iniziato a fare così è diventato un bomber pazzesco, segnava da tutte le parti. Cavani l'ho voluto io perché, quando ero alla Sampdoria, affrontai il Palermo e lui riusciva a pressare tutti da solo. Mi rimase impresso, aveva una corsa pazzesca e si muoveva tanto. Segnava poco e non convinceva tutti. Dissi a Bigon di prenderlo e lo stesso dissi al presidente perché volevamo fare uno step in più dopo il sesto posto. Cavani arriva a Napoli perché l'ho voluto io, loro avevano pensato ad un altro che secondo me in Serie A avrebbe fatto al massimo il quarto attaccante".
Sul calciatore più carismatico: " Inler, dava l'esempio con poche parole. Ora infatti sta facendo il direttore sportivo ma ai nostri tempi era fondamentale".
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