La Juventus la vince dopo aver temuto di doverla perdere, in un primo tempo che un Napoli esemplare ha riempito di sé, di una personalità limpida, di un possesso palla (quasi) insospettabile, 67%. Ma quella partita, avvolta in un telo azzurro per 45', la Juventus l’ha ripresa, l’ha rielaborata, l’ha modulata e l’ha tenuta per sé, con freddezza e con una padronanza del campo e dei nervi che gli appartiene. Per un per bel po’, sino al tè, la scena è stata di Lobotka e di Osimhen, di Anguissa e (ahilui) di Kvaratskhelia, di quella autorevolezza che ha costretto Madame a starsene bassa, in attesa di trovare riferimenti visibili sino a quel momento esclusivamente in Chiesa e in Cambiaso, un pochino in Rabiot.
In una notte insospettabile, che sa di nuovo e anche di antico, il Napoli ha messo le tende nella trequarti altrui, ha generato stress nella Juve. Ha dato un bacino all’esterno del palo di Szczesny con il tiraggiro di Politano (9') e dopo che la Signora ci ha provato ed è stata ricacciata via dal “muro” di Natan (19') su Vlahovic illuminato da Chiesa, ha imprecato contro le streghe che gli si sono accanite contro. In un campo spalancatosi perché Bremer è andato a fare l’attaccante (?) sulla costruzione dal basso di Meret, il Napoli avrebbe potuto spaccarla, e quando Osimhen ha lanciato l’isolato Kvara non ha mai temuto fosse solo un’illusione. E invece: Kvara davanti a Szczesny s'inventa la peggiore delle scelte, la manda tra la folla juventina e resta scioccato da un errore che lo condiziona. La Juventus non c’è, è pallida in Locatelli, tirata su dal dinamismo di McKennie e da Chiesa, sostanzialmente inespressiva, come se fosse congelata nella testa, non nelle gambe e nell’energia di un Cambiaso che è urticante e fa la voce grossa".
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