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Trema il mondo arbitrale, Zappi incastrato dai due ex designatori di Serie C e D

Domenico D'Ausilio
Domenico D'Ausilio Caporedattore 
Le carte dell'inchiesta della procura Figc sul presidente dell'Aia rischiano di sbriciolare il mondo arbitrale

Due designatori obbligati a dimettersi. Con la promessa, poi disattesa, di conservare i benefici economici. Le carte dell'inchiesta della procura della Federcalcio sul presidente dell'Aia Antonio Zappi rischiano di sbriciolare il mondo arbitrale. Lo riporta l'edizione odierna di Repubblica.

Terremoto arbitri, incastrato il presidente dell'AIA Zappi

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"Confermo che nella telefonata Zappi intendeva convincermi a dare le dimissioni tanto che io ebbi una crisi di nervi e mi misi a piangere». A raccontarlo alla procura federale è Maurizio Ciampi, ex designatore della Can C. La ricostruzione è confermata anche dall'ex designatore della Can D Alessandro Pizzi. Quando la procura federale gli ha chiesto se le sue dimissioni dall'incarico fossero state libere, lui ha risposto: «No, non lo sono state pienamente». Aggiungendo: «Feci presente che avevo un contratto con la Figc ancora per un anno per il compenso di 50mila euro annui. Lui mi disse di stare tranquillo che avrebbe gestito in prima persona la questione». Non successe.  E ancora: «Mi era stato promesso da Zappi che mi sarebbe stato riconosciuto un progetto integrativo di coaching per gli arbitri»: così avrebbe dovuto integrare la cifra persa con il cambio di ruolo. Ma «ad oggi di questo progetto non ho avuto notizia».

C’è poi la questione dei messaggi WhatsApp inviati ai due da Zappi a mezzanotte e 39 minuti del 4 luglio — poche ore prima del Consiglio Nazionale che avrebbe formalizzato le nuove nomine — in cui suggeriva come scrivere le dimissioni. Per la procura federale, messaggi inviati “al fine di far apparire come spontanee le dimissioni in realtà indotte”. Tanto che quando Pizzi non si è adeguato al messaggio inviato da Zappi, scrivendo che le dimissioni arrivavano “apprese le intenzioni del presidente”, questi gli chiedeva di correggerle: “Questa formula non va bene in quanto sembrerebbe che io ti abbia fatto una richiesta di dimissioni, circostanza che non corrisponde alla realtà”. Secondo la procura, e la voce dei diretti interessati, era vero il contrario".