Il sogno scudetto in cui lui ha creduto da sempre e le ambizioni ancora più grandi
—"«Volete pure non soffrire? Se non volete soffrire neanche, mi arrendo, questa piazza è troppo per me», sbotta quando si parla delle vittorie a corto muso. Conosce se stesso, sa bene che nessuno in Italia fa "notizia" più di lui: non ce ne stanno, in serie A, di più mediatici e popolari di Conte. Incanta per una stagione intera. Ma a piccole dosi. «Napoli non dev'essere una tappa di passaggio ma una meta», disse sapendo che è la serie A che non è più così. Ma il suo «se vogliamo, possiamo» può tranquillamente essere anche già lo slogan della prossima stagione, con la Champions e l'approdo di De Bruyne. Non riesce a gioire per un pareggio «che per me è una mezza sconfitta». Ha fatto capire subito ai suoi che ogni ko va vissuto senza sorrisi, quasi come se fosse un giorno di lutto. Ha costruito il Napoli dello scudetto pezzo dopo pezzo. Voleva la certezza che De Laurentiis ammettesse di aver fatto degli errori gravi a gennaio che potevano far saltare il sogno del quarto scudetto. Perché è convinto che questo titolo sia arrivato quasi per caso, senza né visione né programmazione. Quando si è trovato davanti a sé (ma lo sapeva che sarebbe stato così) un presidente che si è cosparso il capo di cenere, ha deciso di andare avanti con il Napoli. Dove voleva restare. Perché se voleva andare via, nessuno al mondo lo avrebbe convinto a rimanere. Né la moglie, né Oriali, né Lukaku. Ed è questo importante anche per il futuro: Conte va via quando capisce che gli obiettivi del club sono diversi e meno ambiziosi dei suoi".
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