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calcionapoli1926 rassegna Il decalogo di Conte per vincere ancora: sacrificio e passione per il suo Napoli

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Il decalogo di Conte per vincere ancora: sacrificio e passione per il suo Napoli

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Il tecnico ha cambiato la mentalità della squadra azzurra in un solo anno
Sara Ghezzi

Antonio Conte è un vincente e lo ha dimostrato anche a Napoli dove al primo anno ha conquistato uno scudetto inaspettato ad inizio stagione. Il tecnico azzurro ha poi scelto di continuare per alzare ulteriormente l'asticella di pari passo con De Laurentiis. L'edizione odierna de Il Mattino ha analizzato il decalogo del tecnico per vincere.

Conte, alla presentazione mise in chiaro il suo approccio

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"Era il 26 giugno, il solito caldo, la solitaria voglia di sognare di chi si porta a casa il tecnico leccese. Diede il primo comandamento: «Amma faticà». Non proprio le sacre scritture ma quasi. Conte era reduce da un anno e più di riposo: aveva resistito due volte all'assalto di De Laurentiis che lo voleva al Napoli a ottobre e poi a gennaio. Un anno di Conte, un piccolo romanzo. Subito si capisce che è quasi arrivato un alieno nel mondo azzurro: è diverso da Spalletti anni luce. Non gli importa nulla di piacere, non fa nulla per rendersi simpatico alla piazza. Non rinnega neppure la sua fede juventina. Quando a Dimaro lo invitano a ballare sulle note di "chi non salta è bianconero", lui resta impassibile e fissa i punti: non chiedetemi mai di rinnegare il mio passato. Mai nessuno, neppure al passaggio del bus scudetto su via Caracciolo, gli chiederà di saltare contro i rivali di sempre. Conquista tutti con i risultati, il lavoro, il distacco. Ottiene da patron un lungo silenzio: «Ci sono io, parlo io». De Laurentiis tornerà a parlare solo di uno scudetto vinto. È fatto così. Dicono di lui che arriva, vince e se ne va. Conte, questo non lo sopporta. Chi lo dice è per infangarlo. Perché si dimenticano di aggiungere che lascia squadre vincenti, solide e ricche e che dopo continuano a vincere anche senza di lui (come la Juve con Allegri e l'Inter con Inzaghi). E che quando lascia è perché ci sono anche colpe del club che magari dimentica da dove si è partiti".


Il mercato tra tensioni, cessioni e acquisti

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"«Nulla si ottiene gratuitamente e nulla succede per caso» spiega alla sua squadra. Fissa gli intoccabili. De Laurentiis si muove in prima persona per incatenare Kvaratshelia. Fissa regole rigidissime per la sua squadra, compreso il fatto (inedito) che il piano di allenamento settimanale viene definito giorno per giorno. Non vuole proclami, non ne fa manco mezzo. Determina delle zone rosse, all'interno delle quali entrano solo lo staff ei giocatori. De Laurentiis accetta tutto: è ridotto dal decimo posto, il Napoli dopo 14 anni non partecipa alle coppe europee. A Verona, dopo lo 0-3, esplode nello spogliatoio. Succederà, con quei toni, solo una seconda volta, dopo l'1-2 a Como. Ad agosto la tensione è alle stelle con la società: vuole i rinforzi e arrivano tutti il ​​31 agosto. A gennaio non si infuria per l'addio di Kvara ma per il fatto che non arrivino né Garnacho né Comuzzo".

Conte dalle emergenze trae sempre il meglio

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"Si esalta ogni volta che deve rincorrere un'emergenza. E negli ultimi mesi ce ne sta una alla settimana. Non è vero che ha iniziato a credere nello scudetto dopo l'1-1 con l'Inter: lui, folle com'è, ci ha creduto dal primo giorno. Perché conosce il suo valore, la sua perseveranza. D'altronde, in serie A, o arriva primo o arriva secondo. Dal 2011 a questa parte. Per i suoi va alla morte: si infuria per i fischi a Mazzocchi dopo l'errore con l'Udinese e i post sui social, perde le staffe per le critiche a Juan Jesus, solo una volta critica gli arbitri. Vive Napoli nel cuore di Napoli: Luciano Spalletti si rintanò nel centro sportivo di Castel Volturno, Maurizio Sarri nella villa di Varcaturo. Spesso in giro con un adagio preciso: «Se esco so che mi chiederanno foto e autografi. Se non ne ho voglia, meglio che me ne sto a casa». Amante della cucina di pesce e della pizza, individua due o tre posti che per lui sono una specie di eccellenza italiana".

Il sogno scudetto in cui lui ha creduto da sempre e le ambizioni ancora più grandi

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"«Volete pure non soffrire? Se non volete soffrire neanche, mi arrendo, questa piazza è troppo per me», sbotta quando si parla delle vittorie a corto muso. Conosce se stesso, sa bene che nessuno in Italia fa "notizia" più di lui: non ce ne stanno, in serie A, di più mediatici e popolari di Conte. Incanta per una stagione intera. Ma a piccole dosi. «Napoli non dev'essere una tappa di passaggio ma una meta», disse sapendo che è la serie A che non è più così. Ma il suo «se vogliamo, possiamo» può tranquillamente essere anche già lo slogan della prossima stagione, con la Champions e l'approdo di De Bruyne. Non riesce a gioire per un pareggio «che per me è una mezza sconfitta». Ha fatto capire subito ai suoi che ogni ko va vissuto senza sorrisi, quasi come se fosse un giorno di lutto. Ha costruito il Napoli dello scudetto pezzo dopo pezzo. Voleva la certezza che De Laurentiis ammettesse di aver fatto degli errori gravi a gennaio che potevano far saltare il sogno del quarto scudetto. Perché è convinto che questo titolo sia arrivato quasi per caso, senza né visione né programmazione. Quando si è trovato davanti a sé (ma lo sapeva che sarebbe stato così) un presidente che si è cosparso il capo di cenere, ha deciso di andare avanti con il Napoli. Dove voleva restare. Perché se voleva andare via, nessuno al mondo lo avrebbe convinto a rimanere. Né la moglie, né Oriali, né Lukaku. Ed è questo importante anche per il futuro: Conte va via quando capisce che gli obiettivi del club sono diversi e meno ambiziosi dei suoi".