Il mercato tra tensioni, cessioni e acquisti
—"«Nulla si ottiene gratuitamente e nulla succede per caso» spiega alla sua squadra. Fissa gli intoccabili. De Laurentiis si muove in prima persona per incatenare Kvaratshelia. Fissa regole rigidissime per la sua squadra, compreso il fatto (inedito) che il piano di allenamento settimanale viene definito giorno per giorno. Non vuole proclami, non ne fa manco mezzo. Determina delle zone rosse, all'interno delle quali entrano solo lo staff ei giocatori. De Laurentiis accetta tutto: è ridotto dal decimo posto, il Napoli dopo 14 anni non partecipa alle coppe europee. A Verona, dopo lo 0-3, esplode nello spogliatoio. Succederà, con quei toni, solo una seconda volta, dopo l'1-2 a Como. Ad agosto la tensione è alle stelle con la società: vuole i rinforzi e arrivano tutti il 31 agosto. A gennaio non si infuria per l'addio di Kvara ma per il fatto che non arrivino né Garnacho né Comuzzo".
Conte dalle emergenze trae sempre il meglio
—"Si esalta ogni volta che deve rincorrere un'emergenza. E negli ultimi mesi ce ne sta una alla settimana. Non è vero che ha iniziato a credere nello scudetto dopo l'1-1 con l'Inter: lui, folle com'è, ci ha creduto dal primo giorno. Perché conosce il suo valore, la sua perseveranza. D'altronde, in serie A, o arriva primo o arriva secondo. Dal 2011 a questa parte. Per i suoi va alla morte: si infuria per i fischi a Mazzocchi dopo l'errore con l'Udinese e i post sui social, perde le staffe per le critiche a Juan Jesus, solo una volta critica gli arbitri. Vive Napoli nel cuore di Napoli: Luciano Spalletti si rintanò nel centro sportivo di Castel Volturno, Maurizio Sarri nella villa di Varcaturo. Spesso in giro con un adagio preciso: «Se esco so che mi chiederanno foto e autografi. Se non ne ho voglia, meglio che me ne sto a casa». Amante della cucina di pesce e della pizza, individua due o tre posti che per lui sono una specie di eccellenza italiana".
Il sogno scudetto in cui lui ha creduto da sempre e le ambizioni ancora più grandi
—"«Volete pure non soffrire? Se non volete soffrire neanche, mi arrendo, questa piazza è troppo per me», sbotta quando si parla delle vittorie a corto muso. Conosce se stesso, sa bene che nessuno in Italia fa "notizia" più di lui: non ce ne stanno, in serie A, di più mediatici e popolari di Conte. Incanta per una stagione intera. Ma a piccole dosi. «Napoli non dev'essere una tappa di passaggio ma una meta», disse sapendo che è la serie A che non è più così. Ma il suo «se vogliamo, possiamo» può tranquillamente essere anche già lo slogan della prossima stagione, con la Champions e l'approdo di De Bruyne. Non riesce a gioire per un pareggio «che per me è una mezza sconfitta». Ha fatto capire subito ai suoi che ogni ko va vissuto senza sorrisi, quasi come se fosse un giorno di lutto. Ha costruito il Napoli dello scudetto pezzo dopo pezzo. Voleva la certezza che De Laurentiis ammettesse di aver fatto degli errori gravi a gennaio che potevano far saltare il sogno del quarto scudetto. Perché è convinto che questo titolo sia arrivato quasi per caso, senza né visione né programmazione. Quando si è trovato davanti a sé (ma lo sapeva che sarebbe stato così) un presidente che si è cosparso il capo di cenere, ha deciso di andare avanti con il Napoli. Dove voleva restare. Perché se voleva andare via, nessuno al mondo lo avrebbe convinto a rimanere. Né la moglie, né Oriali, né Lukaku. Ed è questo importante anche per il futuro: Conte va via quando capisce che gli obiettivi del club sono diversi e meno ambiziosi dei suoi".
© RIPRODUZIONE RISERVATA



/www.calcionapoli1926.it/assets/uploads/202512/e688d9d8ae93ab850fb1bc1fdc387550.jpeg)