Conte re di Napoli sin da subito
—"Scegliendo Conte, nella scorsa estate De Laurentiis ha ammesso l'errore di aver collocato in mani sbagliate il Napoli del terzo scudetto. Le statue di Antonio vennero esposte a inizio giugno nelle botteghe di San Gregorio Armeno e si ascoltarono scroscianti applausi in piazza Plebiscito quando il presidente lo presentò a Palazzo Reale. Il rapporto con il Napoli si è cementato nelle settimane di duro e appassionato lavoro, con i tifosi che osservavano felicemente l'esclamazione della squadra. La vedevano nuovamente bella e forte come quella di Spalletti, appassionandosi per i nuovi eroi, da Buongiorno a Lukaku, da McTominay a Neres. Antonio non si è sentito straniero a Napoli. Le è andato subito incontro per conoscerla con gli storici amici napoletani Giulio Pazzanese e Ivan Ventrone, magari dopo aver letto il libro dei proverbi napoletani regalato da Ciro Ferrara, con cui condiviso i trionfi alla Juventus, e aver ascoltato i racconti di Gianluca Capuano, il patron del ristorante "Da Cicciotto", quello che era il covo di Spalletti, che in un'intervista a "Vivo Azzurro Tv" ha esaltato Antonio: «Ha tirato fuori veramente una struttura imponente dalla propria squadra. Ha creato una quadratura dove si vedono una sostanza, un equilibrio, una mentalità importante. Poi il Napoli è supportato da una città che si trasferisce molto a questa squadra»".
Il sogno scudetto e quel legame che diventa sempre più forte
—"Conte aveva riflettuto per mesi prima di accettare la proposta di De Laurentiis. Voleva confrontarsi sul progetto tecnico, affidatogli completamente dal presidente con un significativo esborso economico in estate. L'ansia di riscatto della tifoseria, dopo una stagione mediocre in cui due volte De Laurentiis aveva provato a convincere l'ex ct della Nazionale a sedere in panchina, lo ha stimolato perché coincideva perfettamente con la sua voglia di rituffarsi nel calcio italiano. Ha firmato un contratto triennale ma può vincere subito. Primo in classifica dopo 21 giornate, se batte la Juve arriva a quota 53: gli stessi punti del Napoli alla fine dello scorso campionato. La sua casa non è un albergo. Vive in centro, a un passo dallo storico palazzo dove tanti anni fa c'era una delle sedi del Napoli di Ferlaino, il presidente dei primi due scudetti. Dal secondo al terzo erano trascorsi 33 anni e adesso nei vicoli c'è già chi vorrebbe esporre striscioni azzurri e tricolori. E sul web gira da sabato sera un fotomontaggio del murale di Maradona ai Quartieri spagnoli: il viso è quello di Antonio, che è stato qui il 25 novembre scorso, nel quarto anniversario della morte del Capitano. «Il più grande calciatore che ho affrontato». Lo disse molto prima di sedere su questa panchina e di cominciare «il più grosso lavoro della mia carriera», come ha detto sabato sera a Bergamo, dopo aver caricato con urla e ampi gesti i napoletani presenti sugli spalti.
Il capotribù per una nuova rivoluzione
—"Un capotribù, orgoglioso di esserlo a Napoli, al comando di questi giocatori «con cui andrei in guerra perché so che darebbero tutti». Chi non lo segue, va fuori. Le regole del capo sono chiare. «Questa non è una squadra di passaggio», disse congedando Kvara. I tifosi si sono subito fidati di lui e lui ha capito che Napoli è un'alleata forte per la squadra, per i giocatori che c'erano e hanno rivisto la luce e gli altri che sono arrivati e partiti subito forte. Ecco perché ha lanciato un messaggio al Viminale affinché dia il via libera ai napoletani per il prossimo trasferimento. Arriva la Juve domani, il pezzo più importante della storia di Conte. Ma quella storia è finita undici anni fa. C'è questa di Napoli che lo esalta. Un film in bianco e nero è un film del passato".
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